Agitu, perché ?

di Gianguido Palumbo

–https://en.wikipedia.org/wiki/Agitu_Ideo_Gudeta –http://www.lacaprafelice.com

A distanza di quasi due settimane dal suo femminicidio, #Agitu è ormai conosciuta in tutta Italia e in quasi tutta Europa: decine di articoli, di video e foto, di ricordi, di interviste, e il suo nome indimenticabile abbinato al suo viso e la sua storia sono diventati iconici, direi mitici. Io stesso, che da oltre 30 anni mi occupo di Immigrazione e inter-etnicità e ho conosciuto molte storie forti, belle o drammatiche, non conoscevo #Agitu e sono rimasto molto colpito fino a commuovermi.

Perché? Perché tanta emozione, attenzione e devozione non solo in Trentino ma anche in Italia e in Europa? Perché una raccolta di fondi in pochi giorni ha ottenuto oltre 100mila euro? Perché una fiaccolata la sera della sua uccisione a Trento ha raccolto subito decine di abitanti? Perché il funerale con il Sindaco, i fratelli venuti apposta dall’estero e migliaia di cittadini? Perché in Etiopia si preparano funerali di Stato nei prossimi giorni, pur essendo quel paese attraversato da una quasi Guerra Civile dopo un periodo che sembrava farlo rinascere grazie ad un nuovo leader nazionale? Credo che solo la sua vita non basti a spiegare tutto questo: prima giovane etiope colta, sensibile, impegnata, laureata in Sociologia, militante in Etiopia, immigrata rifugiata politica in Italia, poi da adulta nel Trentino allevatrice di capre su insegnamento della nonna materna, imprenditrice agricola, commerciante riconosciuta, premiata e raccontata già prima di morire da molte televisioni e media. Come mai è diventata davvero un nuovo Mito, con tutti i rischi della “santificazione”? E cosa imparare dalla sua vita?

Agitu era nata ad Addisa Abeba, capitale dell’Etiopa, e avrebbe compiuto 43 anni il 1 gennaio 2021. Suo padre, professore universitario, con la sua famiglia si era trasferito negli Stati Uniti per sfuggire alla repressione. Lei invece aveva raggiunto l’Italia all’età di 18 anni per studiare Sociologia all’Università di Trento, dove si era laureata alcuni anni fa. Dopo la laurea aveva deciso di ritornare in Etiopia per impegnarsi nella valorizzazione dell’agricoltura e dell’allevamento assieme ad un Gruppo di militanti, ma la repressione del Governo Etiope la costrinse a scappare. Decise quindi di tornare in Italia nel 2010, in Trentino, ottenendo lo status di Rifugiata Politica, per provare a lavorare. Prima si è accontentata di fare la Barista ma poi è riescita a recuperare dei terreni incolti di montagna a Frassilongo (350 abitanti) in provincia di Trento per allevare Capre Mochene autoctone ricordando gli insegnamenti di sua nonna. Dopo essersi spostata tre volte nella valle ottenne l’uso di 11 ettari abbandonati e iniziò con 10 Capre da sola coinvolgendo qualche collaboratore periodicamente. Creò così la piccola azienda La Capra Felice e lavorando duramente arrivò in pochi anni ad allevare oltre 150 capre, produrre latte e 15 tipi di formaggi oltre ad una linea artigianale di Cosmetici a base di latte di capra. Resistette pure ad alcuni episodi di ostracismo locale e razzismo e rafforzò la sua azienda fino ad ottenere riconoscimenti e valorizzazioni pubbliche locali, regionali e nazionali. La sua storia cominciò ad essere conosciuta ed ammirata sempre più. Negli ultimi anni aveva già ricevuto riconoscimenti significativi: Slow Food l’aveva valorizzata nel 2015 a BRA per la Fiera nazionale CHEESE con il Premio Resistenza Casearia; Più Europa con Emma Bonino la vollero a Roma come testimone attiva in un incontro nazionale sui temi dell’Immigrazione e il protagonismo femminile nel 2017. Tra i tanti riconoscimenti ebbe anche quello come Miglior Prodotto del Trentino. La scorsa estate infine Legambiente aveva riconosciuto il valore del progetto assegnandole la Bandiera Verde per il doppio valore di recupero delle tradizioni pastorali ed esperienza imprenditoriale brillante. Da poco aveva aperto un primo negozio con i suoi prodotti locali nel centro di Trento ed un altro a Bolzano. Aveva già avviato progetti per il futuro: aveva comprato un edificio dismesso dietro la sua abitazione di cui voleva farne un agriturismo bio la prossima primavera. Voleva poi aprire una foresteria con un piccolo bed and breakfast, aveva già chiesto i permessi per avviare i lavori.

Una persona eccezionale ?

Sì ma non credo sia bastata l’eccezionalità della sua Forza, Determinazione, Intelligenza, Passione, Capacità, Coerenza… Era una Donna, Straniera, Sola ( senza una Famiglia, un Compagno/a, dei Soci fissi ), Colta, Forte, Sensibile, Bella, Amorevole, Comunicativa, Allegra ( almeno in pubblico). La concretezza e l’umiltà della sua vita si abbinavano in modo stra-ordinario alla sua Cultura acquisita sia in Famiglia che studiando e laureandosi. La Solitudine effettiva si abbinava alla grande Socialità e le sue ampie relazioni umane. La fatica del suo Lavoro si abbinava alla sua Bellezza fisica e non solo, al suo Sorriso. La forza antica della sua attività si abbinava alla capacità imprenditoriale di crescere, di espandersi, di coinvolgere altri fra istituzioni, associazioni e singole persone. Un insieme davvero eccezionale di caratteristiche fisiche, caratteriali, culturali, operative, che la rendevano forse unica e quindi mitica e che il suo assassinio, la sua morte maledettamente prematura ha reso ancor più iconica. Purtroppo in questo Mito forse c’era anche una macchia, e menomale, un’ombra di umanità contraddittoria nel rapportarsi professionalmente con alcuni Collaboratori : avrebbe fatto meglio a pagare quei 1000 euro di debito che forse erano concretamente veri e hanno scatenato la brutalità maschile tradizionale invidiosa di un giovane uomo femminicida, indifendibile. Ma non sappiamo se sarebbe bastato a salvarsi da quella o da altre aggressioni.

Una delle reazioni pubbliche necessarie in Italia sarebbe quella di ricordare ed essere consapevoli di quante Agitu, meno perfette meno mitiche di lei, esistono in Italia e nel mondo ma sono poco valorizzate come DONNE “Straniere” “Immigrate” : l’energia, la cultura, la forza, la determinazione di chi fugge dai propri Paesi e Villaggi disastrati da povertà, dittature, repressioni, e riesce in qualche modo ad arrivare in Europa, in Italia, andrebbe valorizzata subito in tutti i modi, certamente a condizione di un mix di diritti e doveri.

L’Immigrazione è comunque originata da un’energia individuale e collettiva che andrebbe riconosciuta e aiutata ad esprimersi in strade di impegno, di lavoro di con-vivenza civile e NON repressa o spenta in mesi e anni di inattività e controllo. Non tutte/i sono AGITU ma neanche NOI “indigeni italiani” siamo tutti/e Agitu, magari !

E intanto nei primi giorni di un grande vuoto umano e imprenditoriale, c’è già una giovanissima erede provvisoria, la ventenne trentina italiana Beatrice Zott, Pastora anch’essa per tradizione familiare locale, che sta accudendo ogni giorno le Capre di Agitu e aspetta di sapere cosa deciderà la Famiglia etiope ma anche la Comunità della Valle per il futuro delle Capre Felici.

La Morte di Agitu ha rilanciato la sua Vita.

Serve una vita per morire, serve una morte per vivere.

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