Ancora sugli shock culturali

di Cinzia Sabbatini

Per tendere verso un approccio interculturale più positivo è importante prendere coscienza delle proprie zone sensibili e accostarsi delicatamente a quelle del proprio interlocutore. Il modo di procedere che propone Margalit Cohen-Emerique si basa sul presupposto che in tutti gli incontri interculturali ci sono degli attori in gioco che sono tutti portatori di cultura. Non solo il migrante, ma anche l’operatore. Nell’interazione con l’altro-diverso c’è la possibilità di vivere o di provocare degli “shock culturali” che bisogna imparare a riconoscere, disinnescare e a farne una risorsa per la conoscenza reciproca..
Cos’è lo shock culturale ? Perchè è importante nella relazione interculturale?
E’in chiave negativa, una reazione di spaesamento, di frustrazione, di ribellione, di rigetto, di disgusto, di ansia provocata dall’interazione con un “altro” culturalmente altro. Può essere anche una reazione di ammirazione, d’attrazione, un affascinarsi. In entrambi i casi è un’esperienza emotiva ed intellettuale provata da persone, preposte per lavoro o per che vi si trovano a far fronte casualmente al di fuori del loro abituale contesto socio-culturale, che si trovano implicate (cioè esiste comunque una posta in gioco nell’incontro) nell’incontro con l’altro.
Lo shock culturale apre una finestra sul mondo dell’altro. Infatti alcuni comportamenti dell’altro che mettono in discussione o sembrano attaccare alcuni pilastri valoriali dell’identità (es.: la libertà dall’individuo, il ruolo della donna nella famiglia e nella società; l’educazione dei figli; ecc.) vengono colti, in virtù della loro più o meno marcata diversità, come una minaccia identitaria per cui si reagisce di “pancia” di fronte ad essi.
Ciascuno di noi, nell’incontro con l’Alterità, è più o meno toccato in uno o in un altro livello della sua identità (appartenenza di genere, professionale, generazionale, della classe sociale…). Sono queste chiamate “zone sensibili”, collegate alla propria storia personale ma anche a quella collettiva. Quando queste zone sensibili vengono sollecitate, hanno la tendenza a provocare reazioni affettive che possono frenare o impedire la comunicazione.
Allora per essere interculturali è utile anche e soprattutto imparare a saper riconoscere i propri shock culturali, gestire le proprie emozioni, sospendere il giudizio e interrogarsi/interrogare l’altro, facendo lo sforzo di andare a capire il proprio quadro di riferimento culturale e quello dell’altro perchè la relazione possa essere una ricchezza e non un fastidio.
Il valore formativo e centrale della metodologia di M. Cohen Emerique, è proprio nell’analisi, attraverso un lavoro guidato da esperti preparati a tale scopo, degli shock culturali o incidenti critici vissuti attraverso una griglia di analisi da lei creata che permette di:

 PER FAR EMERGERE I DIVERSI QUADRI DI RIFERIMENTO CULTURALI,
 FARE EMERGERE GLI “ELEMENTI PIVOT”, cioè i pilastri valoriali dell’identità, diversi a livello personale, dai quali originano gli shocks
 E così SVILUPPARE UN “ALLENAMENTO” A VIVERE I TRE ATTEGGIAMENTI FONDAMENTALI DELL’APPROCCIO INTERCULTURALE, decentramento, scoperta del quadro di riferimento dell’altro e negoziazione .
 Per esperienze e occasioni formative info : www.intercammini.org

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