Black Reality, sette anni di vita.

di Carla Romana Antolini – Associazione Officina delle Culture.

Il progetto Black Reality di Roma www.blackreality.it, nato dalla collaborazione tra i registi teatrali Gianluca Riggi e Valerio Gatto Bonanni rappresenta in arte esperienze e testimonianze, l’impresa al limite dell’eroico di tutti coloro che affrontano un viaggio di migrazione verso un occidente “civilizzato” e “democratico”. Vuole raccontare le esperienze di vita quotidiana di scontro e di integrazione di chi cerca una nuova cittadinanza. Black Reality è un percorso di laboratori teatrali che culmina in spettacoli dalla forte valenza artistica e simbolica: non cerca la militanza del teatro civile o la retorica compassionevole, vuole farsi provocazione, rivendicando il ruolo propulsivo dell’arte nello scatenare corto circuiti, fornendo un contributo attivo alle questioni sociali strumentalizzate dalla politica e dal giornalismo sensazionalistico. Vuole essere una “rete virale” di laboratori teatrali con un numero ridotto di attori italiani e migranti, si vogliono incontrare realtà locali di migrazione con le quali intraprendere un lavoro d’integrazione teatrale, attraverso un approccio intensivo o dilatato in un anno di lavoro. Al termine del laboratorio si presenta un momento performativo.

Grande visibilità hanno avuto anche i divertenti video tutorial diffusi sul web è pubblicati sui portali delle più importanti testate nazionali. Possono facilmente vedersi sul canale youtube Black Reality. Le ultime produzioni teatrali sono Occhio per occhio e il mondo diventa cieco” uno spettacolo di teatro ragazzi con la regia di Valerio Gatto Bonanni e “The Black is the new black” con la regia di Gianluca Riggi in scena con i ragazzi del Centro Staderini.

Ho fatto le stesse domande ai due registi e per conoscere meglio questo progetto sarà interessante confrontare le risposte dei due.

Come è nato il vostro progetto e come avete scelto il nome Black Reality?

Gianluca Riggi

Il nostro progetto nasce da una chiacchierata pomeridiana tra me e Valerio nell’Aprile del 2011, un pomeriggio di farneticazioni. Gli raccontai la mia visione del futuro, l’emergenza migranti ancora era lontana da venire anche se gli sbarchi a Lampedusa era continui, ma non con la portata numerica di questi ultimi due o tre anni. Una volta uno dei nostri attori mi chiese perché lo fai, io risposi: “ero stanco di vedervi in televisione!”  La mia idea era quella di un “reality show” su un gruppo di migranti, il vincitore del reality avrebbe ottenuto il permesso di soggiorno. Valerio si fece coinvolgere dalle mie intuizioni, ed in un solo pomeriggio, praticamente, costruimmo lo spettacolo, il nostro primo lavoro che avrebbe visto la luce solo nel Marzo 2012. Il caso volle che il giorno dopo io avessi un appuntamento alla Fondazione RomaEuropa con Fabrizio Grifasi, dopo una lunga conversazione lui mi guardò e mi chiese che progetti avessi per il futuro, io senza esitazione gli risposi  e gli descrissi Black Reality con la sicurezza di chi ha già pensato e scritto tutto, in realtà avevamo semplicemente un’idea ben delineata, un’intuizione chiara  di quello che sarebbe accaduto in Italia da lì a pochi mesi. Grifasi senza esitazione ci diede il Teatro Palladium e nell’Ottobre del 2011 iniziammo il nostro laboratorio. Fabrizio e Valeria Grifasi sono stati i nostri numi tutelari!

Valerio Gatto Bonanni

Era il 2011 e iniziava a manifestarsi sempre di più il clima di diffidenza e razzismo verso i migranti che oggi vediamo palese. C’era stato già il primo sciopero dei migranti. Con Gianluca riflettevamo sul livello becero e cinico a cui erano arrivati i reality show, allora abbiamo detto scherzando, “perché non facciamo un reality teatrale dove i protagonisti sono i migranti che devono lottare per avere il permesso di soggiorno?” Quella battuta fra noi è diventato l’inizio di un percorso che ci ha portato a collaborare quell’anno con la Casa dei diritti sociali, fare un laboratorio con 20 ragazzi provenienti da Africa e Asia e debuttare con lo spettacolo Black Reality al Teatro Palladium.

Usando l’ironia spesso cinica quale messaggio per gli spettatori? Dal 2012 ad oggi, con il moltiplicarsi di immagini televisive allarmiste di sbarchi di migranti, quanto è cambiato l’atteggiamento del vostro pubblico?

Valerio Gatto Bonanni

L’ironia e la provocazione sono strumenti essenziali nel nostro lavoro. In questa maniera riusciamo a comunicare su un livello più avanzato con il pubblico. Non ci limitiamo al racconto delle disgrazie e delle disavventure che pone gli spettatori in un livello di commiserazione, piuttosto cerchiamo lo scontro emotivo, il differente punto di vista, lo shock che ribalta il luogo comune ma che permette di guardare al migrante come una persona con le sue fragilità, le sue ricchezze e i suoi desideri.
Il pubblico non è cambiato molto, forse si è abituato se non assuefatto alla drammaticità del fenomeno migratorio. Ma di solito chi viene a teatro ha già compiuto uno scarto e si siede nella poltrona perché è interessato a ciò che gli verrà raccontato.

Gianluca Riggi

In realtà sono cambiate le immagini che abbiamo portato in scena, ma il nostro messaggio è sempre stato lo stesso. Non volevamo raccontare storie pietose per ottenere il consenso del pubblico, volevamo mostrare l’ipocrisia della società italiana ed europea, la sua violenza, l’umanità dei volti, delle voci, dei corpi di chi ha scelto l’Italia come approdo sicuro. I nostri, più riusciti o meno riusciti, non sono mai stati spettacoli pacificatori o catartici, sono messe in scena senza pietà che non lasciano scampo, né agli attori né agli spettatori.

Quali potenzialità può avere il teatro attraverso laboratori e spettacoli per tentare un cambio delle mentalità?

Gianluca Riggi

Il teatro ha un ruolo di mediazione sociale, i laboratori hanno questa finalità, attivano la resilienza di singoli individui o di piccoli gruppi integrati di uomini o donne, gli spettacoli raccontano il nostro mondo, ne sono uno specchio. La mentalità non cambia con uno spettacolo, con una canzone, con un film, è un sasso che può essere lanciato contro un cannone, niente di più. Ogni tanto vengono a studiare il nostro lavoro, e noi abbiamo il dovere di dimostrare che un modo diverso di lavorare con finalità diverse è possibile e realizzabile.

Valerio Gatto Bonanni

Innanzitutto molto dei ragazzi che hanno partecipato ai laboratori vengono da Sprar o da centri dove l’attesa e la noia scandiscono il loro tempo quotidianamente. Perciò nel momento in cui si ritrovano in un cerchio con altri compagni si ritrovano a giocare, a parlare di loro stessi, a mettere in moto il corpo. Tutte energie fresche che permettono ai ragazzi di mettersi in gioco, diventare più partecipi della loro vita, di chiedersi meglio cosa vogliono fare.

Nel 2016 i giornalisti hanno introdotto i principi della Carta di Roma del 2008 nel Testo unico dei doveri del giornalista con tanto di glossario delle terminologie più adatte e rispettose in allegato.  Lo scopo della Carta era fornire le linee guida per il trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio italiano. Voi vi siete posti il problema di risultare rispettosi e politicamente corretti? E come siete arrivati dal teatro al video tutorial ?

Gatto
Non ci interessa il politicamente corretto. La nostra attenzione è rivolta ai ragazzi e capire se sono disposti a raccontarsi in una maniera diversa, se capiscono in che territori li stiamo portando e se ci stanno comodi. Questa è la premessa per poter fare un lavoro che non sia superficiale e adatto al gruppo con il quale lavoriamo. Il politamente corretto ci obbligherebbe a censurarci o a farci delle paranoie mentali su cosa sia offensivo. Certo abbiamo molto chiari quali sono i nostri limiti, non si oltrepassa la dignità della persona, ma per esempio se vogliamo prendere in giro uno stereotipo occidentale o se vogliamo fare dell’ironia sulla condizione del migrante sfruttato, sbattuto da una parte all’altra, predisponiamo una rete invisibile che protegge i ragazzi, gli autori e lo spettacolo stesso.

Fa parte del nostro lavoro sperimentare, trovare dei linguaggi che permettano di comunicare tutto l’immaginario che la società ci scatena. I tutorial per migranti (2015) hanno permesso di sintetizzare in brevi video delle scene, degli sketch, delle tematiche che avevamo già affrontato ma che in questa modalità potevano essere ancora più provocatori e soprattutto avere una diffusione larga sul web.

Gianluca

Noi non siamo politicamente corretti, io non amo il concetto e lo ripudio sempre e comunque, non me ne importa nulla di esserlo, io sono una persona politicamente scorretta. Il passaggio dal teatro ai video è stato quasi naturale, dettato dalla necessità di poter arrivare ad un numero maggiore possibile di persone, ma la nostra cifra stilistica è rimasta costante e non è mutata.

Quanto è stato importante per voi fare rete sui territori fino ad organizzare rassegne che presentassero diversi spettacoli di teatro di e per migranti?

Gianluca

Fare rete è importante, ma estremamente difficile, siamo tutti troppo coinvolti dalla sopravvivenza quotidiana per avere il coraggio di condividere a pieno esperienze e possibilità.

Gatto
E’ fondamentale. Troppo spesso si rimane a coltivare i propri progettini, il proprio orticello artistico e non ci si accorge che un’associazione sta lavorando con la stessa intensità, passione e qualità. Roma alle volte è una giungla veloce dove convivono mondi che non si parlano perché non si conoscono, perché diffidano l’uno dell’altro. Ma il fermento nasce dalla contaminazione, è necessaria. L’arte per me innanzitutto è generosità.

Diverse strutture in cui avete lavorato hanno riconosciuto nei ragazzi che hanno frequentato i vostri laboratori una capacità di integrazione e reinvenzione avanzata. Molti ragazzi che hanno frequentato i vostri laboratori si stanno impegnando verso una carriera professionale nel mondo dello spettacolo. Quali potenzialità possono mettere in moto i vostri laboratori?

Gatto
Nei nostri laboratori stimoliamo continuamente i ragazzi. Aumenta la loro curiosità di imparare e di mettersi in gioco e poi bisogna anche considerare che siamo il loro sportello della normalità: li mettiamo in contatto con altri ragazzi italiani, usciamo con loro, suggeriamo come muoversi con la burocrazia ecc., ecc. 

Gianluca

Il teatro, il nostro modo di lavorare a teatro, restituisce sicurezza in sé stessi, dà forza ai ragazzi che partecipano ai laboratori, coscienza di sé, li rende uomini politici, con un ruolo all’interno della società. Li conduce ad una dimensione diversa dall’attesa a cui sono relegati dalla burocrazia delle nostre leggi, che considerano le genti migranti (e tutti gli individui, più in generale) solo come una sequenza alfanumerica senza anima.

Black Reality è stata Officina di teatro sociale nel biennio 2014/16, quali sono i prossimi progetti?

Gianluca

Andare avanti, sempre e comunque, ogni anno ricominciando, incontrare nuovi volti, e nuove storie, reperire nuovi finanziamenti!

Gatto
Quest’anno stiamo sperimentando una nuova modalità di laboratorio: agevolare l’insegnamento dell’italiano attraverso i giochi teatrali. Usare il training, le improvvisazioni, gli esercizi di gruppo per accrescere il vocabolario, migliorare la pronuncia e parlare, parlare, parlare.
Poi c’è la voglia di far girare gli spettacoli che abbiamo creato, partecipare ad altri bandi.
Insomma non ci si ferma mai!