Sulla Cittadinanza Sportiva e gli Atleti italiani di origine straniera

Il 16 febbraio 2016, circa un anno fa, sono entrate in vigore le Disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italiamediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva” (legge 12/2016), approvate a metà gennaio 2016 dal Parlamento. Debuttava così la cosiddetta “cittadinanza sportiva”.  Fino al 2015 infatti tranne poche eccezioni (come per pugilato o hockey sull’erba) le federazioni sportive impedivano il tesseramento dei ragazzi stranieri, richiedendo tra i requisiti la cittadinanza italiana. Questo tarpava le ali a molte giovani speranze e negava la possibilità che lo sport diventasse uno strumento di integrazione: potevano andare avanti con l’attività agonistica solo gli italiani.

Da un anno quindi in Italia i figli degli immigrati e i figli degli italiani sono un po’ “più uguali”, almeno sui campi di calcio e di basket, sulle piste d’atletica e nelle palestre dove si divertono, si allenano e crescono insieme, magari sognando un futuro da campioni. La legge, invece, obbliga le società a non fare differenze. “I minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età – dice il testo  – possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o alle discipline associate o presso associazioni ed enti di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani”. La regola continua a valere anche per i ragazzi maggiorenni che hanno chiesto di diventare italiani.  “Il tesseramento – spiega  la legge –  resta valido, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, fino al completamento delle procedure per l’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei soggetti che, ricorrendo i presupposti di cui alla legge 5 febbraio 1992, n.91, hanno presentato tale richiesta”.

È stato un passo avanti da verificare nella sua attuazione durante l’anno 2016 e MONDITA proverà a verificarlo, ma il cammino per i diritti delle seconde generazioni è ancora lungo. Questa legge non permette ancora ai figli degli immigrati di rappresentare l’Italia alle Olimpiadi , il Paese dove sono cresciuti, spesso anche nati. Per quello ci vuole la cittadinanza “vera” e quella riforma che da troppo tempo attendono un milione di bambini e ragazzi e le loro famiglie.

Altro aspetto è quello degli Atleti provenienti da altri Paesi che vogliono trasferirsi in Italia per svolgere agonismo.

Nel 2017 saranno 1160 gli atleti provenienti da paesi non appartenenti all’Unione Europea che potranno essere tesserati da società italiane e svolgere attività agonistica o comunque retribuita in Italia. Tale quota verrà poi distribuita tra tutte le federazioni sportive nazionali e sarà valida sia per i primi ingressi, che per gli stranieri che sono già in Italia con un permesso di soggiorno per motivi sportivi, di lavoro o familiari. Attualmente e secondo il report effettuato da I numeri dello Sport a cura del Centro Studi, nel 2015, su un totale di 4 milioni e 535 mila atleti tesserati nelle Federazioni Sportive Nazionali (FSN) e nelle Discipline Sportive Associate (DSA), riconosciute dal CONI, si stima che almeno 47 mila sono stranieri che partecipano nell’attività sportiva agonistica.