Come ladri nella notte

di Shata Diallo.  

Mi sveglio come tutti gli anni sin dalla mia nascita con l’emozione della memoria, l’emozione del ricordo ed anche l’emozione della paura.

Nella mia famiglia, la Giornata della Memoria il 27 gennaio, è sempre stata importante, un momento di condivisione e di riflessione. A fine giornata, finito di ripetere lo studio per il mio prossimo esame, davanti alla TV scelgo di guardare questo famoso documentario:A German Life”, la storia di Brunhile Pomsel, la segretaria di Joseph Goebbels, braccio destro di Hitler durante il regime nazista e curatore della propaganda dell’epoca.

Sento un brivido lunga la schiena, lo sfondo nero, il volto di una donna con più di cento anni così pieno di rughe da sembrare quasi finto. Sento un brivido di pregiudizio, quasi di odio. Come ripeto sempre, la battaglia per il pregiudizio è una mia sfida personale, perciò rifletto e decido di non partire prevenuta. Passano i secondi, i minuti, le parole di quella donna, le immagini crude ed inedite, il brivido sale, aumenta, trema, tremo e non ce la faccio più a sopportare quelle storie. Non ce la faccio più e sono immobilizzata dal terrore, ma resisto, resisto per la memoria e perché chiudere gli occhi è un gesto semplice e così comune che, a volte, ha rovinato la nostra storia umana.

Brunhile Pomsel racconta la storia della sua vita e delle sue scelte umane e professionali con una disinvoltura che mi travolge: da giovane era superficiale ed ha scelto un lavoro che potesse permetterle di comprare dei bei vestiti e, ad oggi, non è pentita della sua scelta. Tanti poverini, dice lei, per degli ideali, si sono fatti uccidere. Se si fossero comportati come lei ora sarebbero ancora vivi. Il brivido sale ed il pregiudizio crolla per lasciare spazio ad un’opinione concreta e sensata: quella donna è stata onesta, ha fatto i suoi interessi rispetto ai suoi principi. La verità è che lei, parte di una realtà, ha preferito la certezza piuttosto che uscire dagli schemi. Nessun giudizio, solo la cruda realtà.

Ed è allora che penso a mio nonno, partigiano e orfano di padre, antifascista, detenuto nel campo di concentramento di Mauthausen e deceduto chissà come, chissà in che modo, chissà perché. La notte in cui il mio bisnonno fu deportato, Brunhile Pomsel e tantissimi altri acquistavano dei nuovi vestiti e godevano il privilegio di non essersi esposti, influenzati dalla folla.

Il 27 gennaio 2018 io e tanti altri giovani come me, preparavamo un esame sognando formazione e successo, mentre tanti altri, come ladri nella notte, attraversavano il mondo per venire in Europa, forse con lo stesso sogno. Nello stesso momento, in tutto il mondo, noi accettavamo le violenze, lo sfruttamento, le parole di odio, di razzismo, di discriminazione. Un brivido così doloroso da non permettermi neanche una lacrima.

Sin da piccola mio nonno mi diceva sempre “Non dimenticare mai, Nini”. Non dimentico, ma questo basta? Basta combattere le proprie battaglie?

La Psicologia Sociale parla da sempre del peso del conformismo: della tendenza umana, naturale e fisiologica, di sentirsi parte di qualcosa di grande, di potente, di sicuro. Parla dell’attitudine ad andare oltre la comprensione logica ed immergersi in una realtà, di amalgamarsi ai colori per creare un’unica e nuova variante.

Quella notte non riuscivo a dormire, i pensieri impazzivano e non trovavo pace. Pace. Non trovavo pace. Ma la Pace cos’è ? Ho pensato a me, ai miei ideali, alla mia famiglia, che, da sempre, ricorda unita il giorno della memoria. Ho pensato a mio nonno che ha sofferto per una perdita apparentemente inspiegabile, una perdita che forse la pace non l’ha trovata mai.

Come ladri nella notte, oggi come ieri, milioni di cuori che battono all’unisono sono discriminati, torturati, abusati. Milioni di menti influenzate e violate. Milioni di pensieri zittiti e censurati. Come ladri nella notte, oggi come ieri, milioni di essere viventi si sentono derubati nelle viscere della loro umanità. Oggi come ieri, tutti noi siamo ladri e fuggitivi.

Per un attimo ho capito. Quel brivido di rabbia e paura mi immobilizzava, la rabbia generava rabbia e l’odio generava odio. Non avrei mai potuto lottare per qualcosa se quel brivido di odio rimaneva incollato a me, non mi sarei mai potuta muovere se non generando altro odio verso chi, oggi, forse, ancora non ha capito. Ho capito che il vero anticonformismo non era combattere, ma ricordare. Ricordare ed andare oltre tutta la rabbia per trovare qualcosa di più grande. Oltre le rughe di Brunhilde ed il dolore di mio nonno.

Alla fine è lui che me l’ha insegnato: vedendo andare via suo padre ha scelto, a sedici anni, di fare il partigiano e, osservando così la tragedia della discriminazione e dei pregiudizi, ha poco dopo scelto di dedicare tutta la vita al sindacato ed alla sua famiglia. Ha scelto di dedicare tutta la sua vita all’amore ed ai diritti degli altri al di là del ceto sociale, del genere, della provenienza culturale e geografica.

La chiave, in fin dei conti è una sola per tutti noi, umani ladri e fuggitivi: da una grande sofferenza nasce una libellula che vola in alto fino alla libertà.

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