Corpi in movimento Cervelli in azione

di Shata Diallo.

Avevo quindici anni quando ho partecipato al mio primo scambio giovanile interculturale.

Avevo quindici anni quando quel primo scambio ha completamente cambiato il corso della mia vita.

Gli scambi giovanili possono essere definiti come “contatti intergruppo in ambienti cooperativi”: interagire con altri giovani a livello attivo basandosi sull’educazione non formale. Niente lezioni frontali quindi, niente esami e valutazioni, solo esperienza pratica, apprendimento, team builinding, crescita.

Dopo il mio primo scambio ne sono venuti a seguire davvero tanti altri, al punto che ad oggi ho fatto della realtà interculturale il mio stile di vita.

La mia adrenalina deriva dalla capacità di mettermi in gioco, di uscire dalla mia comfort zone, affrontare gli ostacoli, correre rischi. La capacità di valutare i rischi, di ascoltare i miei bisogni, la capacità di essere me stessa ed esprimermi nei miei punti di forza e nelle mie fragilità.

Gli scambi interculturali sono interazioni tra gruppi con diverse origini etniche, sociali e culturali che aiutano ad abbattere i pregiudizi e gli stereotipi grazie agli agenti educativi (come i mediatori culturali, i coach, i trainers) ed ai ragazzi che nati e cresciuti nelle più svariate realtà interagiscono grazie al dialogo in maniera diretta abbattendo i propri schemi e creandone di nuovi. Ciò che è importante gestire in situazioni interculturali sono gli enormi muri che rischiano di ergersi, facenti riferimento alle enormi differenze culturali, linguistiche e sociali. Il gruppo allargato conduce infatti ad unificare le proprie credenze con quelle di un altro gruppo eliminando la possibilità di vivere un insieme come distaccato da un altro ma più che altro portando ad integrare le varie matrici culturali.

In una società come questa, l’educazione interculturale diviene prima ed indispensabile prerogativa giovanile; il multilinguismo, il senso civico e le capacità relazionali importanti strumenti di coesione e di crescita personale.

Gli scambi giovanili sono stati l’ambiente in cui sono cresciuta, sono stati e tutt’ora sono la mia casa, sono il mio spazio protetto nel mondo. Gli scambi giovanili sono quegli spazi che mi permettono di capire che in Europa non sono sola. Gli scambi giovanili mi aiutano a comprendere come, noi giovani, siamo tutti uguali: sogni, obiettivi, speranze si incontrano in un arcobaleno di consapevolezza e di volontà.

Li, in quei posti, ovunque essi siano, non esistono più confini di alcun tipo. Non esiste pregiudizio, non esiste preconcetto, non esiste io o tu, o forse esiste, ma non fa la differenza.

La finalità della progettazione Europea è dare gli strumenti ai giovani per condividere la loro cultura, sviluppare un senso di unione e di consapevolezza del confine sottile che si interpone tra loro stessi e gli altri, ma anche quello di dare la possibilità a chiunque, al di la di confini geografici o economici di costruire una mentalità aperta per poter intraprendere un percorso professionale ed umano soddisfacente.

Sono passati sette anni dal mio primo Scambio, sono passati sette anni dal mio primo, vero amore: l’amore per me stessa, per la mia vita, per l’importanza della relazione e dell’altro, per l’importanza della cooperazione e del contatto intergruppo. Erano queste parole che sette anni fa non conoscevo e non sapevo quantificare e valutare; sono queste esperienze, però, che a distanza di sette anni mi hanno aiutata a trovare questi, i miei valori, e trasformarli in ambasciatori di speranza.

Nel mio percorso ho incontrato così tanti ragazzi che, ad oggi, non ricordo nemmeno tutti i loro nomi. Alcuni di loro fanno ancora parte nella mia vita, altri no. Con alcuni ho creato legami indissolubili, umani e professionali. Ho pianto, ho riso, mi sono confidata, ho comprato un biglietto aereo per andarli a trovare, anche solo per un abbraccio.

Queste esperienze, insomma, mi hanno dato fiducia: anche io, come ognuno, in questo mondo posso fare la differenza, ogni mia parola può diventare un eco di cattiveria o un eco di speranza. Ogni mia scelta professionale è la scelta del percorso umano che andrò ad intraprendere, ogni mia libertà, è la libertà di qualcun altro.

Ogni tanto mi chiedono come, ad oggi, ho ancora tutta questa voglia di investire intere giornate nella progettazione Europea. Ogni volta, io, rispondo che la mia missione di vita ha a che fare, egoisticamente, nel vedere quegli occhi lucidi e pieni di speranza, come erano i miei, nello scoprire un mondo unito, più grande, misto, come quello che si vede negli scambi; ed allo stesso tempo, come approfondisce Brown in “Psicologia del Pregiudizio”, tramutare ancora una volta questi sentimenti in concretezza.

Il contatto inter-gruppo in ambiti cooperativi è davvero un mezzo di diminuzione del pregiudizio interetnico per la promozione di un senso di cittadinanza attiva.

Avevo quindici anni. Oggi ne ho ventidue.

Io, Shata, sono nata con un sangue intercontinentale, con centomila anime derivanti da tutto il mondo, sono stata sempre scambiata per straniera e questo mi ha aiutato a capire che il mondo mi appartiene come appartiene a tutti noi, così ho aperto la mia organizzazione e sto scrivendo il mio progetto con lo scopo di riuscire a sviluppare un metodo all’interno di tutte le istituzioni educative, per dare ai giovani un nuovo strumento conoscitivo da sfruttare e di cui essere fieri.

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