di Mili Romano. ( Bologna )
Let’s save them…let’s save ourselves
Sabato 9 febbraio da Pianoro, paese dell’area metropolitana bolognese, è partito un invito ad una riflessione e ad un’azione. Come gesto di denuncia, segno di dissenso, esortazione alla solidarietà, da tutte le finestre del Municipio una coperta isotermica (quella in cui vediamo avvolti i migranti nelle convulse azioni di salvataggio in mare) è un invito ad altri Comuni, istituzioni e singoli cittadini a replicare l’azione e a diffonderla. La mia proposta d’installazione/azione, accolta senza esitazione dal Sindaco e dalla Giunta vuole essere un invito a contrastare la sovrabbondanza di parole e di gesti ridondanti e opprimenti in tutti i campi: politica, luoghi di lavoro, cultura, arte e un invito al silenzio. Chiunque, cittadino o istituzione pubblica o privata, potrà far eco a questo gesto silenzioso procurandosi una coperta isotermica ed esponendola alla finestra come scudo dorato, protezione per chi ce l’ha fatta e arriva dal mare dopo indicibili violenze e sofferenze, ma anche per tutti noi, a difesa di quelle libertà, di quella umanità, che si rischia ci vengano progressivamente negate: onde che potranno propagarsi, contro l’indifferenza e l’individualismo dilaganti, come semplice gesto di scelta consapevole e come un inno silenzioso e poetico-politico. “Onde dorate/golden waves” è il titolo di questa mia installazione ma è anche diventato il titolo complessivo della manifestazione conclusiva di un percorso di due anni di attività sui temi dell’inclusione sociale e i percorsi di accoglienza attraverso l’arte pubblica collaborando con le associazioni onlus Mondo Donna (www.mondodonna-onlus.it) la cooperativa sociale Arca di Noè (Arca di Noè) e con gli ospiti stranieri di queste due strutture presenti sul territorio. Dagli incontri con i migranti, dal laboratorio di formazione alla public art “Dalla rappresentazione all’azione” che da anni tengo all’Accademia di Belle Arti di Bologna e in dialogo anche con una classe della scuola media di Pianoro sono nate due nuove installazioni delle giovani artiste allieve dell’Accademia Archontia Bezoni Pezoni e Valeria Notarangeli che sono state presentate all’interno della manifestazione e si sono aggiunte al percorso di arte contemporanea che il progetto Cuore di pietra, da me curato dal 2005, ha lasciato nel paese. Da Piazza dei Martiri una passeggiata, abituale pratica esplorativa e riflessiva delle manifestazioni di Cuore di pietra, si è mossa verso la Scuola Media V. Neri dove troviamo Navigare col pensiero di Archontia Bezoni Pezoni con alcuni migranti e gli studenti: bandiere con le mappe della Nigeria, del Mali e del Senegal, paesi dei migranti ospiti, ricreate con piccoli oggetti e immagini, loro segni identitari. La passeggiata si è conclusa alla Biblioteca Silvio Mucini, dove si trova Amarrer, una struttura aerea, leggera e poetica memoria di viaggio, realizzata con tessuti etnici, rafia, ago e filo da Valeria Notarangeli insieme a molti dei giovani migranti.
Uno dei presupposti metodologici fondamentali di Cuore di pietra è stata negli anni proprio l’idea di un lavoro, quello dell’arte nelle città, che dovrebbe crescere gradualmente con la collaborazione, l’impegno e la responsabilità di tutti. Un lavoro che deve sedimentarsi e che è da seguire nelle sue varie fasi: nel prima (l’ideazione), nel durante (il presente della realizzazione) e nel dopo (ancora attenzione da parte dell’artista, cura e manutenzione del lavoro anche da parte dell’Amministrazione pubblica che condivide il progetto). Un lavoro dove “alto” e “basso” si fondono, si confrontano e collaborano senza false retoriche. Un lavoro in progress in cui tutti, dal curatore agli artisti, dagli amministratori al pubblico, devono essere ricettivi e pronti a interagire elasticamente e a “lasciarsi formare” dallo spazio, dall’azione e dai suoi imprevisti. Un lavoro che in qualche modo risponda coerentemente a quelle linee concettuali di ricerca poetica che dovrebbero segnare l’arte pubblica contemporanea: -un’arte che, come nuovo “sapere”, in uno scambio con altri “saperi” e discipline, contribuisca alla conoscenza e alla trasformazione degli spazi pubblici e delle città; -un’arte con forte valenza etica, capace di sollecitare e di innescare cambiamenti incisivi, una maggiore comunicazione e dimensione emotiva, e che favorisca una naturale e consolidata integrazione; -un’arte che possieda una dimensione ludica, di sorpresa e che lasci affiorare nella vita urbana ciò che i progetti urbanistici spesso hanno escluso o non contemplato, aprendo così nuovi orizzonti di senso; -un’arte che sia stimolo, per l’architettura e l’urbanistica e per le altre discipline, a nuove funzionalità e soluzioni nella qualità dell’abitare, più consone ai desideri delle persone, oltre che capaci di attivarli ed esprimerli.
Cuore di pietra ha coinvolto negli anni molti artisti (da Alessandra Andrini, Andreco, MP5, Annalisa Cattani a Emilio Fantin, Zimmer Frei e Eva Marisaldi fra i tanti) di volta in volta invitati a intervenire con i linguaggi più diversi che, coinvolgendo la popolazione e le sue memorie, hanno accompagnato la trasformazione. Il lavoro è stato sempre corale e insieme, io artista/curatrice e gli artisti con il pubblico, abbiamo riflettuto e sperimentato un metodo di lavoro originale che con l’arte interviene sui problemi relativi al rinnovamento urbanistico, sociale, culturale, al rilancio e al miglioramento della qualità della vita di un luogo. Abbiamo avuto la conferma che quando l’arte e gli artisti escono dai musei, dalle gallerie e dalle accademie, con la volontà di dialogare e lavorare con le diverse realtà di una città, possono diventare oltre che sorprendenti, stimolanti del pensiero, divertenti, anche “utili”; che l’arte negli spazi pubblici per “funzionare” deve coinvolgere oltre ai cittadini e agli artisti altri specialismi e saperi; che questo coinvolgimento deve conquistare anche gli amministratori pubblici e i loro collaboratori il cui contributo è decisivo per garantire continuità e coerenza alle scelte culturali.
L’arte, nella sua declinazione più attenta al sociale, può essere un forte stimolo al rafforzamento identitario, al “riconoscersi” nella città e al riconoscere gli spazi di quotidiano attraversamento e fruizione come “luoghi affettivi”, di comunicazione. Può essere un pungolo, un argine e una risposta anche al dilagare di fenomeni metropolitani di violenza e intolleranza sempre più diffusa verso i quali di questi tempi si invocano solo soluzioni “autoritarie”, di ordine pubblico. Per questa ragione essa non dovrebbe mai essere considerata come un valore “aggiunto”, elemento di intrattenimento, animazione o “evento” attivatore di partecipazione demagogica.
Cuore di pietra è nato da una “crisi”, un momento di passaggio, nel 2005, è intervenuto fra il 2013 e il 2015 nella zona industriale e artigianale del paese in un momento di fortissima crisi del mondo del lavoro, e da una crisi profonda di umanità nasce oggi Onde dorate e il suo invito: mettete fuori alla finestra una coperta isotermica (si comprano in una parafarmacia) e promuovete il progetto in tutti i modi utilizzando gli hashtag #ondedorate e #goldenwaves.
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