di Patrizia Borghetti.
Quando ho scoperto che quella pianta insolita e bellissima, composta da lunghi steli dritti come fusi e culminanti in fiori di un color fucsia intenso era la Curcuma, sono rimasta allibita.
Ma come: la Curcuma non è gialla?
Così gialla da lasciare il segno sulle mani e sulla stoffa e sui piani della cucina se non si fa attenzione quando la si tocca? Questo ho chiesto al venditore di piante di un chiosco al mercato che la esponeva tra ciclamini e eriche. Sempre di Curcuma di tratta ma quel colore giallo ocra intenso che le associamo non si ricava dai fiori bensì dalla radice, un grosso rizoma cilindrico e ramificato che la fa assomigliare allo zenzero. E lo stesso venditore mi consigliò di comprarla perché è raro trovare la curcuma nella versione in fiore oltre il mese di settembre. Perché la Curcuma ama il clima tropicale e non tollera le basse temperature che in occidente avanzano con l’autunno.
Invece in Indonesia dove è nata ma anche in India, la coltivano e la usano con continuità e regolarità da più di cinquemila anni. Conosciuta col nome di zafferano d’India , tramite i commercianti arabi è stata nominata con il termine sanscrito Cuncuma e poi diffusa in tutto il Mediterraneo. Apprezzatissima per le sue tante qualità. Non solo in cucina dove viene usata come droga aromatizzante ma anche in medicina ayurvedica perché contrasta i processi infiammatori e quindi è antitumorale. In India usano il rizoma anche come cicatrizzante applicandolo sulla cute per curare ferite e punture di insetti.
Da quando ho saputo tutto questo sulla Curcuma non posso più farne a meno, in casa campeggia in un bel barattolo col suo colore intenso giallo ocra e la utilizzo nello yogurh, nelle creme di formaggio, nelle pietanze crude e cotte, soprattutto con pollo e verdure. Giusto una punta di cucchiaio, anche della polvere di curcuma non bisogna abusare.
Ricordo quando l’ho scoperta come sapore in un viaggio in Kerala. La polvere gialla ottenuta dal seccare e triturare la radice della curcuma è uno degli ingredienti fondamentali (insieme a pepe, cannella, peperoncino, cumino, coriandolo, chiodi di garofano, zafferano, cardamomo) nella miscela di spezie conosciuta come Curry dagli Inglesi durante il periodo del loro Impero coloniale. Ma in India si chiama Masala Curry e ha sempre un sapore più o meno piccante. Tant’è vero che nei ristoranti locali non mettono neppure in discussione l’assenza di Masala nei piatti, semplicemente ti chiedono quanto “hot” ovvero bruciore vuoi sentire. Così i camerieri ti si piazzano vicino mentre mangi e muoiono dal ridere nel vedere le reazioni di noi “western people” appena mettiamo in bocca un boccone di cibo.
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