Dal tuo terrazzo…

di Maria Cristina Mauceri. (Università di Sydney)

Dal tuo terrazzo si vede casa mia di Elvis Malaj.

Elvis Malaj è un giovane scrittore albanese che, come era avvenuto nell’ormai lontano 2008 per un altro suo connazionale, Ron Kubati, , è stato tra i dodici finalisti dell’ultimo Premio Strega con la raccolta di racconti Dal terrazzo si vede casa mia (Racconti Edizioni, 2007). A questo proposito ricordo che quest’anno il premio è stato vinto da un’altra autrice translingue, Helena Janezeck. Malaj è molto più giovane rispetto a questi due autori: è nato nel 1990 in Albania e si è trasferito con la famiglia in Italia nel 2005. Dal terrazzo si vede casa mia è il suo libro d’esordio. Essere arrivato in finale col primo libro a un concorso letterario italiano, non è cosa da poco, e questo dimostra il talento di Malaj. Il titolo, molto indovinato, è una frase nell’ultimo racconto della raccolta, e può essere inteso in vari modi. È un invito per i lettori ad aprire gli occhi, cioè a conoscere gli stranieri, in particolare quelli che vivevano dall’altra parte del mare, e ora da tempo sono tra noi. Può essere inteso anche come un’esortazione dell’autore a osservare se stessi e cercare di capirsi. Anni fa avevo notato come lo sguardo fosse un tropo che aveva una particolare importanza nelle opere degli scrittori di provenienza albanese (Ron Kubati, Elvira Dones, Ornela Vorpsi e Leonardo Guaci). Nei racconti di Malaj lo sguardo è rivolto non solo all’Italia, il paese in cui vive e ormai da anni si è inserito, ma anche all’Albania da cui proviene e che ha lasciato nella fase delicata dell’adolescenza. A differenza degli scrittori che ho menzionato prima, giunti ormai adulti nel nostro paese, Malaj si è formato in parte in Italia e ha quello che chiamerei il privilegio del doppio sguardo su quelli che sono i suoi due paesi. I protagonisti di questi racconti sono quasi tutti giovani e di origine albanese, alcuni vivono in Italia, altri invece, come ne La carriola e Le scarpe abitano in Albania. L’età e la condizione di emigrati riflettono la situazione dell’autore, ma non si tratta di storie autobiografiche, anche se, ovviamente, Malaj si è ispirato alle sue esperienze, e in particolare alle emozioni di un giovane che si è trovato a vivere in un paese che conosceva soltanto attraverso la televisione.

Al di là dell’ironia che caratterizza molti racconti e che è sempre un’arma efficace e pungente per deridere gli stereotipi, traspare in alcuni di essi anche un senso di tristezza e di solitudine e una forte tendenza introspettiva. Queste caratteristiche si notano particolarmente nei racconti i cui protagonisti sono giovanissimi che affrontano il senso di spaesamento che coglie chi si viene a trovare in una società diversa. Il sentirsi inadeguati al contesto in cui si vive non dipende però solo dall’essere stranieri, ma è un atteggiamento che caratterizza l’adolescenza in generale in quanto è una fase della vita in cui ci si sente in una condizione di passaggio e di cambiamento. Questo è un pregio dei racconti di Malaj che dà loro una valenza al di là della problematica dell’inserimento dello straniero, ad esempio alcuni dei racconti trattano il primo giorno in una nuova scuola (La prima classe ) o la prima esperienza sessuale (La vergine Maria).

Un aspetto che ho trovato interessante è il modo in cui Malaj non esita a schernire il maschilismo di alcuni personaggi specialmente albanesi di prima generazione, un maschilismo che come ben sappiamo purtroppo è ben presente anche nel nostro paese. È interessante il contrasto tra alcuni personaggi femminili italiani e albanesi. Le italiane appaiono spavalde ed emancipate, sicure di quello che vogliono dalla vita e dai loro partner, che se albanesi appaiono a volte incerti di fronte a una tipologia femminile a cui in patria non erano abituati. Le diverse condizioni economiche in cui si è cresciuti fanno risaltare un’altra differenza; nel divertente racconto Il televisore, a proposito del consumismo italiano un albanese, che si è impossessato di un televisore buttato via da italiani, osserva “Fanno così gli italiani, non sono come noi, che prima telefoniamo a tutti i parenti, ai conoscenti dei parenti, per vedere se qualcuno lo vuole. Gli italiani lo buttano e basta”.

Malaj scrive in uno stile essenziale e immediato, caratterizzato da frasi brevi. Anche se ha dichiarato che pur essendo bilingue, scrive solo in italiano, nei racconti ha inserito alcune frasi in albanese. Questo non è un fatto nuovo nelle opere degli scrittori translingui, ma mentre in passato di solito c’era una traduzione o le frasi venivano parafrasate in italiano, nei racconti di Malaj questo non avviene. Sta a noi lettori, eventualmente, cercarne il significato o intuire cosa vogliano dire dal contesto in cui sono inserite. L’inserimento dell’albanese nella narrazione può anche essere interpretato come uno stratagemma per far immedesimare i lettori italiani nel ruolo in cui si trovano gli stranieri che non hanno ancora appreso la nostra lingua. L’albanese probabilmente fa capolino nella scrittura di Malaj anche nell’italiano, perché alcune espressioni suonano piacevolmente esotiche, ad esempio in Mrika così è descritto il mare: “Le onde si accucciavano lente sulla sabbia e con altrettanta calma si ritiravano”, in L’incidente troviamo questa descrizione della natura e degli occhi di una ragazza:”… il sole galleggiava in un cielo limpido. Dopo venti minuti Selvi arrivò con un sorriso verde foglia negli occhi.” e il terrazzo dove è ambientato l’ultimo racconto, dove ci sono molte piante in fiore, “spumeggiava di colori”.

A proposito della struttura si nota che diversi racconti di questa raccolta hanno finali che restano sospesi. Ci si domanda se questa sia una caratteristica dello stile dello scrittore che lascia noi lettori riflettere su come potrebbe concludersi la storia narrata o, invece, derivino da inesperienza, peraltro giustificata dalla sua giovane età.

Desidero concludere con la dichiarazione fatta dal protagonista albanese del racconto Il lupo della steppa a proposito dell’inserimento di uno straniero in un nuovo paese. A un italiano che gli chiede come si trovi in Italia risponde: “È una domanda scorretta questa.” “In che senso?” “Trovarsi bene o meno in un posto non dipende dal posto, dipende da te. Ovunque vai ti porti sempre dietro qualcosa che alla fine rende ogni posto uguale all’altro”.

Parole sagge.

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