Europa e tolleranza religiosa

di Franco Pittau  ( Centro Studi IDOS – Roma )

Una premessa è indispensabile nel presentare una materia complessa e dalle delicate implicazioni. Quando la divinità, comunque essa venga intesa, viene subordinata alle esigenze storiche di una comunità di fedeli, anziché costituire un orizzonte trascendente, determina conseguenze negative e una determinata religione rischia di diventare vessatoria nei confronti delle altre. In tal modo la religiosità, anziché operare da collante, può assumere forme di intolleranza. Così è stato molto spesso negli ultimi due millenni di storia, durante i quali l’Europa non solo è stata attraversata da grandi aperture ideali, ma è anche da teorizzazioni inadeguate e interessi ristretti con pregiudizio di un fruttuoso confronto con le diversità religiose.

Nel corso del Giubileo del 2000, il 12 marzo è stato scelto dal papa come giornata in cui riconoscere gli errori fatti dalla chiesa, chiedere perdono per gli stessi e riconciliarsi con il passato, con l’impegno di rispettare nel futuro la libertà religiosa di tutti, come ripetutamente affermato nei documenti del Concilio Vaticano II. Nella pubblicazione di Idos si legge che i martiri cristiani furono vittime dell’intolleranza degli imperatori romani per due secoli, ( fino a Diocleziano all’inizio del III secolo.) Si stima che i martiri furono complessivamente circa 18.000, colpendo duramente la classe dirigente di questa nuova comunità: papi, vescovi, presbiteri, diaconi e laici autorevoli. Una situazione di grave disagio, come ancora capita specialmente ai cattolici e agli altri cristiani in diverse parti del mondo. Nell’impero romano il cristianesimo, considerato per la prima volta religione lecita da Galerio (311) e da Costantino (313), in poco tempo, nonostante la consistente presenza di pagani, venne dichiarato religione ufficiale dall’imperatore Graziano nel 380, con conseguente sua imposizione e un susseguirsi di atti ostili, anche violenti, contro i pagani.  Ne conseguì da parte della comunità cristiana un atteggiamento di intolleranza, con il quale si intese colpire chi veniva meno all’ortodossia ufficiale.  La mano fu dura contro gli eretici e i movimenti ereticali. Il caso limite fu la crociata contro gli albigesi o catari, nella Francia meridionale, tra il XII e il XIII secolo: molte migliaia furono vittime di questa intransigenza armata. L’inquisizione, pienamente attiva a partire dal XIII secolo, operò contro le eresie e chi le sosteneva, condannando a morte chi non si pentiva. Delle persone giustiziate dall’inquisizione sono state proposte stime lontane dalle realtà, da alcune centinaia di migliaia secondo Voltaire a diversi milioni secondo qualche altro studio ormai datato. L’analisi degli atti giudiziari disponibili attesta 12.000 condanne a morte, mentre per le altre sentenze capitali per le quali manca la documentazione, le stime oscillano tra le 40.000 e le 70.000 persone. Le crociate, una sorta di “pellegrinaggi armati” in ragione della mentalità medioevale, dimostrarono la mancanza di dialogo con il monoteismo musulmano. Il misticismo di quel tempo fu palese nella cosiddetta crociata dei fanciulli, quando poco più di 20.000 di essi (tedeschi e francesi) giunsero nel 1212 al porto di Genova, pensando, senza alcun supporto organizzativo, di potersi recarsi nei luoghi santi (cosa che ad alcuni riuscì, ma solo perché, raggirati, vi furono venduti come schiavi). Anche le crociate che coinvolsero i soldati cristiani adulti furono, comunque, un’operazione mal concepita. Sotto l’aspetto strategico, infatti, il regno cristiano di Gerusalemme ebbe una vita abbastanza lunga (1099-1191) ma risultò essere sempre fragile e dispendioso. Ancor più dispendioso fu il bilancio in termini di vite umana. Secondo alcune stime, durante le crociate, morirono quasi due milioni di persone, fra cristiani e musulmani (inclusi anche i civili): una perdita enorme rispetto alla scarsa popolazione dell’epoca, secondo le concezioni odierne. Ai nostri giorni le crociate, nel loro insieme, si potrebbero paragonare a una guerra mondiale di quell’epoca.

Non bisogna poi dimenticare l’avversione agli ebrei, già discriminati dagli imperatori romani. Basti ricordare le espressioni oppressive ed emarginanti attuate nei loro confronti: l’obbligo di portare sugli abiti un segno colorato che permettesse di distinguerli (strategia ripresa dai nazisti), l’istituzione di ghetti, le conversioni forzate, l’uccisione: una esperienza storica che viene continuata dall’odierno antisemitismo.

Molto dure furono, nel XVI secolo le conseguenze delle contrapposizioni tra i principi cattolici e quelli protestanti, e i duri contrasti del secolo successivo, che riguardarono anche i principi calvinisti e coinvolsero l’intera Europa nella guerra di religione o dei trent’anni (1618-1648). A detta degli esperti, in quella fase, trovò la morte quasi la metà della popolazione europea (al tempo, secondo stime, pari a 16 milioni) a causa sia delle lotte armate, sia della diffusa miseria e dell’epidemia. Al termine, dopo la pace di Vestfalia (1648) le relazioni vennero impostate in una maniera più secolarizzata. Studi autorevoli condotti nel frattempo (dai giusnaturalisti, da Spinoza e da Locke, autore nel 1667 del famoso Essay concerning toleration), definirono la libertà religiosa come un diritto spettante ai singoli e non ai principi (non più abilitati a decidere per i loro sudditi,) mentre il movimento illuminista del XVIII secolo accentuò la fiducia nella ragione e l’autonomia da imposizioni esterne, specialmente da parte della chiesa.

Il XIX secolo fu un periodo di consolidamento e da una parte, servì a formalizzare che la religione è una scelta di coscienza (l’Atto di emancipazione approvato in Inghilterra nel 1828, esteso ai cattolici solo nell’anno successivo) e, dall’altra, vide i governi mantenere la facoltà di regolamentare le manifestazioni esterne dei vari culti, alcuni dei quali vennero considerati religioni di Stato.

Il XX secolo è stato caratterizzato da alterne vicende. Partito con l’affermazione di ideologie lesive della libertà (il fascismo, il nazismo e il comunismo), si è riscattato dopo la seconda guerra mondiale con una chiara affermazione del diritto di libertà religiosa a livello dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, (Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da parte delle Nazioni Unite), a livello europeo (Consiglio d’Europa e Unione Europea) e nelle costituzioni dei diversi paesi europei. Anche se può sembrare paradossale, il concetto europeo di società laica è quello in grado di salvaguardare la convivenza pacifica religiosa.

Secondo la ricerca del Centro Idos, un insidioso pericolo è rappresentato dall’ondata di ostilità agli immigrati e alle loro diversità religiose. A livello ecclesiale il Concilio Vaticano II ha consentito un eccezionale recupero sul piano concettuale e favorito un’ampia apertura alle altre religioni. Bisogna ora completare questo processo con coerenti comportamenti personali e anche a livello culturale e legislativo. Altrimenti si rischia di continuare nel futuro sotto il segno dell’intolleranza.

La tolleranza religiosa dall’impero romano ad oggi” a cura di Franco Pittau, nn. 1-4 di Affari Sociali Internazionale, Edizioni  Idos, 2018

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