di Tana Anglana.
Come accompagnare il dialogo tra la nuova Cooperazione Italiana e le organizzazioni di immigrati in Italia ?
Sono una professionista afro-italiana. Il lavoro mi ha portato per molti anni ad avere contatti e scambi con rappresentanti delle istituzioni nazionali. Si è sempre trattato di uno scambio paritario, più o meno piacevole – a seconda degli ambiti di riferimento e degli interlocutori – ma sempre corredato da rispetto e reciproca considerazione. Ero una funzionaria di ONG e Organizzazioni Internazionali riconosciute.
Poi ho cambiato vita.
Ora rappresento me stessa e la mia professionalità e decido di mettere le mie competenze anche a servizio delle associazioni delle diaspore e della loro inclusione nel sistema della Cooperazione Internazionale.
In questo ruolo, faccio parte del Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo Sviluppo (CNCS) e continuo il mio lavoro di advocacy a favore di politiche e pratiche di Migrazione e Sviluppo. Con questa nuova veste continua la mia partecipazione ad incontri istituzionali, ma ecco l’incantesimo: il mio essere afroi-taliana sembra sovrastare d’un tratto la mia professionalità. Inspiegabilmente, ora che mi presento come espressione delle diaspore, alcuni dei miei interlocutori avvertono l’irrefrenabile impulso di semplificare e scandire attentamente le frasi che mi rivolgono. Non riescono a trattenere l’urgenza di complimentarsi per il mio Italiano corretto e malcelano lo stupore che ne consegue con l’intramontabile: “Ma come hai fatto a imparare a parlare così bene la lingua?”. La diplomazia che si accompagna a questo ambito professionale mi impone di rispondere spiegando educatamente che l’Italiano è la mia lingua e non c’è un motivo al mondo per cui non dovrei parlarla correttamente. La pazienza poi è un alleato fondamentale di chi si offre come ponte culturale e vuole raggiungere obiettivi di crescita sociale a lungo termine, ma la mia anima sbuffa contrariata e il mio avatar psichico se n’è già andato dalla stanza ribaltando il tavolo e sbattendo la porta…
Come se non bastasse, capita anche che dopo anni di lavoro su Migrazione e Sviluppo, mi senta spiegare con fare paternalista (spero inconsapevole) che quando si parla di diaspore per lo sviluppo, non si intendono mica “due o tre suonatori boliviani che organizzano la festa di quartiere per far conoscere il folclore della terra natìa”. A questo punto, l’avatar psichico di cui sopra è fortemente tentato di abbracciare lo stereotipo, indossare gonnellino di paglia e anello al naso e attizzare un gran bel fuoco sotto il pentolone…
Poi, ragionando a mente fredda e applicando un’osservazione non partecipante, appare chiaramente che uno dei problemi è quello della mancata reciproca conoscenza tra – fortunatamente – solo alcuni rappresentanti delle istituzioni nazionali e la realtà di una società in dinamica trasformazione, anche nel settore della Cooperazione Internazionale.
Chi ha esperienza di project development sa che una delle doti più importanti in questo mestiere è la capacità di cogliere i problemi, declinarli nello specifico e trasformarli in opportunità di miglioramento. In questo caso i problemi da considerare sarebbero diversi, ma all’interno del gruppo di lavoro “Migrazioni e Sviluppo” del CNCS abbiamo deciso di cogliere l’opportunità che offre questo momento di apertura politica e operativa della cooperazione italiana verso le organizzazioni delle diaspore.
Questo il quadro:
Problema: mancanza di conoscenza della realtà multidimensionale delle diaspore che porta al reiterarsi di cliché con ricadute come il siparietto imbarazzante che vi ho descritto, ma anche ad una mancata occasione di collaborazione paritaria che valorizzi il potenziale positivo delle diaspore nella Cooperazione Internazionale.
Opportunità: migliorare la conoscenza reciproca, approfondire e divulgare l’informazione su nuovi strumenti e attori della cooperazione, gettare le basi per un processo equo di applicazione della nuova legge, favorire la partecipazione delle associazioni delle diaspore orientata al miglioramento dell’efficacia degli interventi della Cooperazione Italiana.
Su queste basi è nato il primo “Summit Nazionale delle diaspore in Italia”.
Da molti anni nella comunità internazionale si parla di politiche e pratiche di Migrazione e Sviluppo, ma in Italia per la prima volta – grazie alla revisione della legge sulla Cooperazione (ora disciplinata attraverso la legge n.125/2014) – si riconosce alle organizzazioni e associazioni di immigrati un ruolo attivo nella concezione e attuazione di processi di Cooperazione allo Sviluppo (art.26). Tutto questo ha un significato sia politico che operativo e ripercussioni concrete su entrambe le sfere. Politicamente, attraverso il CNCS le diaspore sono chiamate a partecipare al processo di consultazione sui temi della Cooperazione al pari di tutti gli altri enti italiani (ONG, Cooperative, fondazioni, settore privato, enti locali, etc…). Operativamente, le diaspore, hanno finalmente la possibilità di accedere direttamente ai finanziamenti della Cooperazione attraverso i Bandi pubblicati dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
La Cooperazione Italiana ha attuato una straordinaria rivoluzione ed ha il grande merito di essere stata capace di cogliere il cambiamento del panorama degli attori della cooperazione e di includerlo nelle proprie strategie e priorità.
Tuttavia, ogni processo innovativo necessita di un adeguato accompagnamento per aumentarne l’efficacia: sono esattamente queste le coordinate della genesi del progetto “Summit”. La normativa è mutata, ma l’informazione deve ancora raggiungere tutte quelle organizzazioni delle diaspore che ancora non sono consapevoli dei termini del cambiamento e delle reali opportunità che ora è in grado di offrire. Inoltre, la legge offre un quadro generale dei nuovi strumenti di cui si dota la Cooperazione Italiana, ma sono necessari dei passaggi per specificare i termini della sua attuazione per garantire un reale processo di inclusione e partecipazione dei nuovi attori. Contestualmente, la possibilità di intervenire attivamente nella definizione di politiche e pratiche di Cooperazione Internazionale chiama le organizzazioni delle diaspore a un necessario e urgente processo di adeguamento delle proprie strutture a un livello più professionalizzante, ad una maturazione in termini di consapevolezza e impiego adeguato delle proprie competenze per la Cooperazione Internazionale.
Il Summit Nazionale delle diaspore nasce proprio per facilitare la realizzazione di questo percorso. Pensatelo come una cerniera tra la nuova normativa e le organizzazioni delle diaspore che ne sono coinvolte.
Attualmente, sono in corso incontri territoriali con le diaspore presenti in diverse città italiane. Si lavora alla diffusione di informazioni e alla raccolta di suggerimenti per rafforzare l’applicazione della nuova legge sulla Cooperazione.
Il percorso di concluderà con la realizzazione della giornata di lavoro del primo Summit Nazione delle diaspore in Italia, previsto per il 18 Novembre prossimo a Roma.
Questi gli obiettivi ufficiali e i risultati diretti che ci aspettiamo, ma io spero anche in qualcosa di più: che si arrivi finalmente a stabilire un rapporto veramente paritario tra istituzioni e organizzazioni delle diaspore, che sparisca il pregiudizio e che si possa dimostrare con progetti e personale altamente qualificato (soprattutto presenti nelle nuove generazioni) che le festicciole folcloristiche degli immigrati sono solo un pregiudizio anacronistico da dimenticare in fretta per liberare il grande potenziale che offre il nuovo sistema della Cooperazione Italiana.
Ah, scusate…ma secondo voi l’ho scritto bene in Italiano?
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