Io sono italiana e mi chiamo Habiba

di Habiba Manaa.

Sono nata in Italia e per 18 anni sono stata considerata “straniera” per lo Stato italiano.

Eppure ho fatto tutti i vaccini (che erano obbligatori e i genitori erano sereni), ho fatto tutte le scuole qui in Italia. Pago le tasse. Rispetto le regole. Conosco i miei diritti e i miei doveri, proprio come Grillo e Salvini.

La mia passione è la politica e la mia missione è aiutare il più possibile il prossimo. Ma in questo non so se Grillo e Salvini sono come me. Vorrei anche aiutare persone come loro, perché il razzismo è solo frutto di grande ignoranza.

Sono cresciuta in una zona dove c’erano molti abitanti di origine araba ed ebrea. Ho fatto l’asilo dalle suore, l’esame della Primina in una scuola cattolica (San leone Magno), ho fatto catechismo e oratorio. Eppure sono di fede musulmana. Mi emoziono quando ascolto l’inno di Mamelii, incontro un italiano all’estero, quando c’è la Parata del 2 giugno o gioca a calcio l’Italia. Sono stata cresciuta da una madre tunisina e da una romana. Eppure quando loro si incontravano (tutti i giorni) non si identificavano per i paesi di origine. Mia madre ogni tot anni doveva rinnovare il permesso di soggiorno alla questura di via Genova. Mi diceva sempre “In Francia invece appena nasci, hai la subito cittadinanza”. Ed ero cresciuta con quel sogno anche per l’Italia.

La Costituzione Italiana è stata scritta da uomini e donne che hanno lottato per i diritti civili di libertà dall’oppressione. Eppure per 18 anni sono stata ufficialmente “straniera” e tutt’oggi mi viene detto di “tornare a casa“.

Il verbo “tornare” premette il fatto di provenire da un altro luogo ma io sono nata al San Camillo, in Trastevere, il cuore della romanità. Questa città è casa mia.

Secondo alcuni” signori”, dovrei lasciare la mia casa, il mio vicino di casa, i miei amici, il mio amore, i miei sogni, il mio sogno di aiutare il prossimo facendo politica ITALIANA in italia e per gli “italiani”. Dovrei abbandonare i miei sentimenti legati a questa terra, il mio passato, la mia identità.

Cari signori, non sono arrabbiata con voi, provo pena per voi. Perché io non mi sento in difetto, ma solo più ricca di voi per il fatto di avere più culture nel mio DNA.

Mi chiamo Habiba Manaa, ho 27 anni, sono italiana e Roma è la mia città.

 

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