di Maria Cristina Mauceri – Università di Sydney
Ho la fortuna e il piacere di trascorrere un mese a Torino, città dove vivono diversi scrittori transculturali, tra cui Karim Metref che ha creato Letterranza (http://www.letterranza.org/) un sito sugli scrittori transnazionali. Metref è nato nella regione algerina della Cabilia e la sua lingua madre è il berbero. Vive in Italia dal 1998 e da diversi anni risiede a Torino dove è molto attivo nella vita multiculturale della città. Ha pubblicato Caravan to Baghdad (2006) e la raccolta di racconti, Tagliato per l’esilio (2008) di cui parlerà nell’intervista. L’ho incontrato ai Bagni Pubblici di Via Aglié, un centro interculturale di quartiere (con annesso servizio docce) dove si incontrano e svolgono varie attività vecchi e nuovi abitanti del quartiere Barriera, tra cui molti immigrati. È lo scenario di un’Italia vivace che cambia e che è aperta ad altre culture http://www.retecasedelquartiere.org/bagni-pubblici-di-via-aglie/ .
MCRM: Prima di parlare di Letterranza, vorrei farti una domanda su Torino che è stata ed è una città di migrazione interna ed esterna. Come vedi l’inserimento degli immigrati sia europei sia extraeuropei che ormai risale a parecchi anni fa, anche considerando quello che sta succedendo ora in Italia dal punto di vista economico e politico?
KM: Torino è una città che ha una tradizione di accoglienza dove sono arrivate varie ondate migratorie. L’accoglienza di Torino non è né calorosa né ostile. È un po’ il carattere dei piemontesi che sono riservati e silenziosi, non ti abbracciano, ma non ti rifiutano nemmeno. Questo permette di avere una città in cui non ci sono molte tensioni e che funziona con dei reparti separati, ognuno si ricava il proprio spazio per vivere. Tutto questo finché le cose hanno funzionato dal punto di vista economico. Adesso, con la grave crisi economica che ha colpito il Piemonte e Torino, anche se non si vede la povertà estrema, i rapporti tra torinesi e immigrati sono cambiati, perché la gente è più tesa e più aggressiva verso chi è diverso, ma non sono ancora scoppiati conflitti sociali aperti.
MCrM: Cosa ti ha portato in Italia?
KM: Sono arrivato nel 1998, ma ero già venuto in Italia per motivi di lavoro e di attivismo, poiché in Algeria ero nel movimento per i diritti culturali. Frequentavo alcune associazioni in Italia. Ero in contatto con il movimento della cultura della pace e della non violenza e questi gruppi mi hanno fatto capire che si poteva lottare in modo non violento. Allora mi occupavo della gestione dei conflitti. A Torino ho lavorato inizialmente come educatore con ragazzini in difficoltà. Poi ho lavorato nella cooperazione internazionale e nel 2004 ho vissuto e lavorato per circa sette mesi in Iraq per un progetto educativo per i bambini di strada. Poi sono dovuto partire perché la situazione era degenerata. Mi sono trasferito in Giordania e lavoravo da lì. Alcune lettere da Baghdad in cui descrivevo quello che accadeva nella città erano state pubblicate su riviste e giornali italiani: Carta, Cantieri sociali, Peace Reporter. Le lettere erano un diario di viaggio in cui parlavo della mia esperienza nel paese lacerato dal conflitto. Quando sono tornato in Italia mi è stato consigliato di pubblicare le lettere, che prima sono uscite in una versione breve col titolo Baghdad e poi sono state ripubblicate in una versione più lunga col titolo Caravan to Baghdad.
L’altro libro, Tagliato per l’esilio, nasce dall’esperienza di provenire da un posto, la Cabilia, dove c’è stato molto esilio e c’è una letteratura straziante sui lavoratori in esilio. Venuto qua, mi sono accorto che ero più in esilio in Algeria che in Italia. Io sono venuto in Italia per motivi privati, mi considero un privilegiato, rispetto ad altri. Non ho avuto periodi di clandestinità. Nella prima parte di Tagliato per l’esilio rifletto sulla mia situazione di esiliato prima in patria e poi all’estero. La seconda parte sono invece dei racconti.[1]
MCrM: Tu hai detto: “Ci si può sentire stranieri in patria”, una frase che mi ha colpito molto, me la puoi commentare?
KM: Son cresciuto in una regione in cui si parla la lingua berbera che era quasi illegale, anche se non ti arrestavano come in Libia. Noi siamo ufficialmente arabi. La lingua berbera è la lingua originaria del Nord Africa, è una lingua camito-semitica, simile all’amarico che si parla in Etiopia, appartengono allo stesso ceppo linguistico. In Algeria non c’è stata un’invasione araba ma un’arabizzazione progressiva. Il berbero non era insegnato e non era ammesso nelle istituzioni. Per quarant’anni abbiamo lottato, e ora in Marocco e in Algeria il berbero è riconosciuto. È la mia lingua madre. Da questo punto di vista sono stato sempre straniero nel mio paese e lo sono anche stato perché sono cresciuto in una famiglia che non era religiosa, già dall’epoca di mio nonno che era ateo e anche abbastanza antireligioso e provocatorio. Mio padre era credente ma non credeva nel Dio dell’Islam.
MCrM: E ora veniamo a Letterranza, come è nata l’idea di creare questo sito?
KM: Ero in Italia da poco, e collaboravo con due riviste: Carta e CEM Mondialità, che trattava di educazione interculturale. Un giorno ho scoperto gli ambulanti che vendono libri di senegalesi in italiano, e così mi sono reso conto che c’erano autori che scrivevano in italiano. Ho cominciato a interessarmi a questa letteratura. Mi sono messo a fare una ricerca, esisteva già Basili (la banca dati degli scrittori immigrati in lingua italiana, ora Basili-Limm n.d.r. ), e il sito del concorso dell’Associazione Eks&Tra, ma non c’erano molte informazioni sugli autori, una loro biografia ad esempio. Ho imparato da un manuale a costruire il sito che ho pubblicato online verso la fine del 2007.
MCrM: Come mai hai tenuto la dicitura ‘Letteratura migrante’? Alcuni degli autori di Letterranza sono nati in Italia. Noi nel database Basili-Limm li chiamiamo Nuova Generazione. Inoltre mi domandavo perché tu usi sempre l’espressione autori immigrati?
KM: Sì, non uso la parola letteratura migrante, bensì parlo di produzione letteraria degli immigrati. Si tratta di persone che hanno in comune la storia della migrazione, ma non c’è una letteratura tipica, una scuola letteraria neanche uno stile che gli accomuni. È vero che il problema si pone per i giovani. Per la generazione nata in Italia si potrebbe usare il termine scrittori italofoni, sceglierei questo termine come si usa in Francia, dove uno scrittore africano, a meno che non abbia la nazionalità francese, cioè sia nato e cresciuto in Francia, è un autore francofono.
MCrM: In un articolo del 2 gennaio 2018 (http://www.letterranza.org/autori-e-opere-del-2017/) sembri ottimista sulla produzione degli scrittori translingui, però menzioni sempre gli stessi autori, e solamente tre nuovi: Idriss Amid, Geara Hannaed ed Elvis Malaj. Pensi che siamo in un momento di stallo?
KM: Non direi di stallo, la situazione è andata verso una normalizzazione. Nel senso che ormai c’’è stata una selezione naturale. Parlerei di crisi e questa riguarda tutta la letteratura in Italia. Le grandi case editrici sono chiuse ai nuovi autori. Se prendi il sito di Gallimard, o di qualsiasi grande casa editrice francese, è indicata la casella postale dove mandare i manoscritti. Se poi il manoscritto non piace, dopo cinque pagine lo cestinano. In Italia le grandi case editrici non accettano manoscritti. La situazione dell’editoria italiana è abbastanza disastrosa per gli esordienti indipendentemente dalla loro provenienza.
MCrM: Mentre stavo inviando questa intervista in redazione mi è giunto un interessante articolo che Karim Metref ha pubblicato oggi sul suo blog, dal titolo divertente e provocatorio Vi spiego perché Ramadan è il mio piatto preferito, in cui spiega il suo atteggiamento verso il Ramadan.
Desidero condividerlo con i lettori:
https://karimmetref.wordpress.com/2018/06/03/vi-spiego-perche-ramadan-e-il-mio-piatto-preferito/
[1] Susanne Portmann ha scritto una bella recensione di questo libro, “Oltre la testimonianza” disponibile in
http://www.letterranza.org/recensione-n-20-oltre-la-testimonianza/
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