La letteratura della diaspora iraniana in Italia

 

di Maria Cristina Mauceri – Università di Sydney

Un’intervista ad Alice Miggiano

Facendo ricerche sulle opere da inserire nella banca dati degli autori translingui in Italia ho avuto la fortuna di scoprire Alice Miggiano che sta lavorando a un catalogo degli autori iraniani e delle loro opere narrative in italiano. Grazie a internet sono riuscita a contattarla e le ho posto alcune domande su questi autori. È sempre affascinante scoprire le motivazioni che ci spingono a interessarci a una cultura, impararne la lingua e studiarne la letteratura.  Ma prima voglio raccontare un breve aneddoto, possiamo definirlo una curiosa coincidenza, o un caso di serendipity (una felice scoperta casuale). Pochi giorni fa ero a Bologna e sono andata a fare acquisti in una rinomata salumeria. Alla cassa c’era una ragazza con lunghi capelli neri che aveva davanti a sé un post-it giallo su cui aveva scritto in un alfabeto a me ignoto. Poiché sono curiosa, le ho chiesto non solo in quale lingua avesse scritto ma anche cosa stesse scrivendo. Era una giovane iraniana che tra uno scontrino e l’altro scriveva poesie. E poiché pioveva su Bologna quel giorno, il tema della poesia (ho chiesto anche questo) era la pioggia.   Ma torniamo ora alle domande che ho posto ad Alice Miggiano e alle sue interessanti risposte che ci introducono nella letteratura della diaspora iraniana in Italia.

MCrM: Come è nato il tuo interesse per gli scrittori di origine iraniana in Italia? 

AM: Portando avanti un progetto di ricerca su “La letteratura della lontananza. Gli autori iraniani in Italia” per il Dottorato in Studi Iranici che ho conseguito nel 2015 presso l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” ho cercato di coniugare due mie grandi passioni: quella per l’Iran e la sua cultura (sono laureata in Lingua e letteratura persiana) e quella per la letteratura, in particolare quella italiana (che risale agli studi liceali). A queste passioni nel corso della ricerca dottorale si è aggiunto un nuovo interesse: lo studio da un punto di vista sociologico della comunità iraniana in Italia, indispensabile per comprendere il contesto in cui gli autori sono inseriti ma utile anche per sviluppare una rete di conoscenze e prendere quindi contatto con gli scrittori, in particolare con quelli meno noti.

MCrM: Ci puoi fare una breve periodizzazione della  diaspora iraniana? 

AM : Gli studiosi tendono a suddividere la diaspora iraniana nel mondo in due principali ondate migratorie, una precedente e una successiva alla Rivoluzione islamica del 1979. Ci sono 25 mila gli Iraniani che vivono in Italia. Il primo gruppo di immigrati partiti dall’Iran tra l’inizio degli anni ’60 e la seconda metà degli anni ’70 era essenzialmente costituito da studenti provenienti da famiglie benestanti che decidevano di intraprendere gli studi universitari all’estero, per una questione di prestigio ma anche incentivati dal governo dello Shah che aveva come obiettivo quello di occidentalizzare e modernizzare il Paese. La seconda ondata migratoria è invece più legata a questioni politiche: moltissimi Iraniani decisero di fuggire perché in dissenso prima con la monarchia Pahlavi e poi con il governo teocratico instauratosi con la Rivoluzione islamica. Mentre la prima ondata migratoria era composta principalmente da singoli, il secondo gruppo, numericamente molto maggiore, era costituito da intellettuali dissidenti, da attivisti politici in fuga per le loro idee contro il regime, da donne e intere famiglie che sceglievano di non voler sottostare alle nuove regole imposte dal governo teocratico, da membri di minoranze religiose perseguitati, da ragazzi e giovani adulti che decidevano di trasferirsi per evitare di dover andare al fronte durante la guerra contro l’Iraq (1980-1988) ma anche da studenti universitari, che tutt’oggi continuano a costituire il gruppo più consistente di Iraniani all’estero.

MCrM Dal punto di vista letterario (tematico e stilistico) ci sono delle grandi differenze tra le generazioni di scrittori iraniani in Italia?

AM: Considerando che le opere narrative prodotte dagli autori iraniani residenti in Italia sono tutte relativamente recenti (le prime rintracciate risalgono alla seconda metà degli anni ’90 e il boom di pubblicazioni si è registrato a partire dai primi anni 2000) è difficile individuare vere e proprie differenze generazionali, anche perché ci sono ancora relativamente pochi autori: ad oggi ho recensito solo dieci scrittori che hanno pubblicato almeno un romanzo, anche se alcuni di loro sono molto prolifici. In Italia ci sono poi quindici autori iraniani che hanno pubblicato racconti, quattro che si sono dedicati alla letteratura per l’infanzia e diciassette che hanno espresso le proprie doti artistiche componendo poesie. Considerando solo le opere in prosa la differenza maggiore che ho osservato riguarda piuttosto lo stile di ogni singolo autore e come questo si evolve negli anni. In generale, mentre nelle primissime opere narrative la maggior parte degli scrittori tende a seguire quelli che si stanno definendo come topoi della letteratura iraniana d’esilio (tendenza ad ambientare le opere in precisi momenti storici che hanno segnato la Storia del loro Paese di provenienza – vicende in cui spesso il personaggio principale viene coinvolto in prima persona -, predilezione per il genere autobiografico, presenza di almeno un personaggio costretto a vivere all’estero o comunque lontano dagli affetti – in genere il protagonista-, tono didascalico, utilizzo della narrazione come mezzo per affrontare la nostalgia legata alla lontananza dalla madrepatria e dagli affetti, frequente utilizzo di terminologia arabo-persiana inserita direttamente nel testo italiano), nel tempo si osserva un progressivo distacco da queste caratteristiche e una ricerca di uno stile più personale, che naturalmente si differenzia per ciascun autore.

MCrM: Quali ritieni siano gli scrittori più significativi  e perché?

AM: Credo che Bijan Zarmandili e Hamid Ziarati si possano definire gli scrittori iraniani più significativi nel panorama italiano contemporaneo, sia perché più prolifici rispetto agli altri autori sia perché hanno pubblicato con grandi case editrici e quindi sono più conosciuti dal pubblico. Zarmandili dal 2004 ad oggi ha pubblicato sei romanzi e due racconti e sta lavorando al settimo romanzo mentre Ziarati, escludendo un racconto del 1995, tra il 2006 e il 2013 ha pubblicato tre romanzi e altri quattro racconti ed è autore di un testo teatrale. Le tipologie narrative di entrambi gli scrittori, oltre a rispecchiare le caratteristiche elencate prima, presentano anche altre affinità tra di loro come, ad esempio, l’appartenenza, per quasi tutte le loro opere, al genere del Bildungsroman e i costanti riferimenti ad elementi della cultura persiana come il cinema, la letteratura e la cucina tradizionale, grandi passioni di entrambi. Ognuno dei due scrittori si rapporta invece in modo differente riguardo l’inserimento della narrazione nelle vicende storiche dell’Iran: Zarmandili tende a riferirle con un intento più didascalico, volto cioè a istruire il lettore occidentale sulle tematiche socio-politiche legate alla Storia dell’Iran; Ziarati sceglie invece quasi sempre di raccontare gli avvenimenti da un punto di vista adolescenziale e dunque volutamente privo di qualsiasi tipo di giudizio.

                      

MCrM: Ci puoi spiegare come la letteratura iraniana si rifletta nelle loro opere? Mi  riferisco, ad esempio  all’ uso di metafore, modi di dire e come la poesia, che credo sia un genere molto importante nella letteratura persiana, influisca sulla narrativa? 

AM: Innanzitutto si possono osservare, in particolare nelle opere di Bijan Zarmandili e di Hamid Ziarati, riferimenti costanti alla poesia persiana. Va sottolineato che molti degli argomenti che nella nostra letteratura sono trattati in prosa, come ad esempio la narrativa, la teologia e la mistica, nella letteratura classica persiana venivano resi in poesia e che generi come il romanzo e la novella sono stati introdotti in Iran solo in epoche recenti. Sia Zarmandili che Ziarati nominano spesso poeti classici tra cui Omar Khayyam (1048-1131), Saʽdi (1182-1291) e Hafez (1315-1390) ma si trovano anche riferimenti a poetesse contemporanee come Simin Daneshvar (1921-2012) e Forough Farrokhzad (1935-1967). Nella narrativa di entrambi possono inoltre essere rintracciati altri riferimenti alla letteratura persiana: ad esempio Ziarati fa riferimento alla narrazione delle avventure del Simorgh in Quasi Due (2012) e Zarmandili accenna alla figura letteraria dell’ashegh, l’innamorato, ne L’estate è crudele (2007) descrivendolo come «figura poetica, sacra, quasi irreale, della quale si erano occupati, Hafez e tanti altri poeti» (ibid.: p. 28). Zarmandili ne I demoni del deserto (2011) accosta versi tratti da opere del periodo classico della lirica persiana come il Leili e Majnun di Nezami (1141-1209) a testi contemporanei citando, tra gli altri, i racconti di Samad Behrangi (1939-1967) e le teorizzazioni dei sociologi Ali Shariati (1933-1977) e Jalal Al-e-Ahmad (1923-1969).

Altro elemento ricorrente nelle opere dei due autori è l’inserimento nella narrazione di storie d’amore tormentate, anche se non necessariamente riferite ai protagonisti, che ricalcano le vicende degli amori sfortunati della lirica classica persiana, ad esempio quelli delle coppie Leili e Majnun e Shirin e Khosrow, poi riprese dalla letteratura occidentale (come da Shakespeare in Romeo e Giulietta). Tale tematica è presente in tutti i romanzi di Zarmandili, in cui almeno uno dei due innamorati muore di morte violenta. In Ziarati questo motivo è presente solo nel romanzo Il meccanico delle rose (2009), l’unico in cui l’autore si distacca dalla prospettiva adolescenziale a cui ho accennato prima. Ziarati, nel corso di un’intervista del 2014, a proposito della scelta di inserire nel romanzo il tema dell’amore impossibile, affermava: «Una coppia felice non “fa storia” e in più, purtroppo, i protagonisti del romanzo sono infelici per una serie di motivi: da una parte vi è la Storia ma si inseriscono anche altri elementi come la tradizione che ha influenzato la vita della gran parte, se non la totalità, delle coppie iraniane. Di veri amori che riuscivano ad amarsi e a vivere insieme ce ne erano pochi, a partire dal primo capitolo de Il meccanico delle rose in cui Akbar ama la cugina più piccola ma non può sposarla perché è stato deciso che doveva sposare l’altra cugina».

Altro elemento che accosta le opere in italiano degli autori iraniani alla letteratura persiana è l’inserimento nella narrazione di termini ed espressioni persiane o di origine araba, molto frequenti nelle prime opere sia di Zarmandili che di Ziarati e che tendono a diminuire drasticamente nel corso del tempo, quasi fino a scomparire nelle opere più recenti. L’inserimento di persianismi nella narrazione corrisponde, da una parte, alla volontà di collocare gli avvenimenti della finzione letteraria nella quotidianità dell’Iran utilizzando parole ed espressioni che rappresentano per gli autori il proprio “lessico familiare”. D’altra parte gli scrittori sembrano voler utilizzare tale espediente per rendere maggiormente edotto il lettore straniero sulla loro lingua materna e sulle sue sonorità, spesso dilungandosi anche in lunghe spiegazioni sul significato di singoli lemmi o di intere espressioni, spiegazioni che sono inserite o direttamente nel testo o in apposite note esplicative. Altra motivazione, riferita dagli autori stessi, è quella di utilizzare direttamente alcuni termini in persiano nella riproduzione di avvenimenti e scenari legati al passato come operazione per loro naturale e automatica, tanto da non porsi il problema della possibile comprensione o meno da parte del comune lettore italofono.

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