Cinza Sabbatini – Fondazione Intercammini
Prima parte
Viviamo in un contesto di mondializzazione in cui la multiculturalità è un po’ dappertutto, ma non necessariamente insegna relazioni interculturali ricche ed armoniose. La relazione tra individui o gruppi differenti per origine culturale è spesso deformata da uno schermo colorito di pregiudizi e di stereotipi che generano malintesi, incomprensioni, giudizi e tensioni. Nelle situazioni di incontro tra migranti e operatori del sociale o dell’educativo, la volontà di capirsi non manca ma spesso non è sufficiente. Infatti non è raro che, da una parte e dall’altra, si risveglino delle resistenze e nell’interazione si installi il disagio, di qui l’incomprensione e il rifiuto.
Degli immigrati si dice che sono “diversi” e siccome vengono a vivere da noi bisogna pure che prima o poi si adattino.
Gli operatori non sempre sono stati formati per lavorare con i migranti, che siano sensibilizzati a percepire e ricercare (nel senso di essere curiosi, di sapere cosa l’altro pensa di me), a riconoscere le differenze culturali nel senso di conoscerle e rispettarle (non ancora di accettarle) di cui i migranti sono portatori per integrarle nella pratica professionale. Gli ostacoli disseminati lungo il cammino della comprensione interculturale sono molti: nè l’imposizione di un adattamento forsennato, nè la conoscenza enciclopedica di una cultura congelata saranno sufficienti ad evitare incomprensioni.
Margalit Cohen Emerique è una psicologa di origine ebreo-tunisina che ha lavorato sulla formazione di professionisti dell’azione sociale in Francia e Belgio. Nella sua esperienza di formazione si accorge che ci sono diverse tipologie di ostacoli alla comunicazione /approccio interculturale:
- I pregiudizi, gli stereotipi, gli “a priori”, le idee precostituite;
- Gli etnocentrismi: guardare gli altri come se fossimo il centro del mondo e il più importante;
- La concezione diversa della persona e della comunità;
- La tendenza alla generalizzazione.
Si rende conto che abbiamo occhiali con numerosi filtri con i quali guardiamo l’altro che spesso non ci permettono un efficace sguardo e comunicazione verso di lui. Ma come fare? Come renderci conto di quali sono i filtri con i quali guardiamo l’altro? E nella pratica come riuscire a vivere con efficacia e armonia la relazione tra persone di diversa cultura?
- Cohen Emerique, quindi, elabora una metodologia altamente innovativa in Italia, basata sulla sua pratica formativa che cerchi di prendere coscienza degli ostacoli filtri e stereotipi che interferiscono in un adeguato approccio interculturale. Capisce che bisogna cambiare prospettiva e centrarsi su se stessi per sviluppare la capacità di percepire, riconoscere e ricercare le proprie differenze culturali (intese in senso largo) e integrarle nella sua pratica professionale, al fine di avvicinarsi all’altro in modo adeguato. Per fare questo parte dall’analisi degli shock interculturali vissuti, facendo prendere coscienza delle proprie zone sensibili e dei propri stereotipi e aiutando ad accostarsi delicatamente a quelle del proprio interlocutore con uno strumento di lavoro preciso, una griglia di analisi da lei elaborata.
La prossima volta spiegheremo meglio cosa sono shock culturali, zone sensibili e come lavorarci in modo efficace per una migliore relazione interculturale.