Le Bufale corrono cavalcate da troppi

Bufale Nere

a cura di Angelo Cioeta

Classe 1991, residente a Giulianello (LT), diplomato al Liceo Linguistico, studia Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università Sapienza di Roma. Già Consigliere del Consiglio Giovani di Cori e Giulianello e Coordinatore del Circolo del Partito Democratico di Giulianello. Collabora con alcune associazioni attraverso il blog http://www.latinaditutti.it e ne curo uno suo personale (http://www.elnuevodia.altervista.org ).

Nell’agosto del 2014 una notizia fa il giro dei Social Networks, destando il panico generale. Un post su Facebook comunica che si sono registrati tre casi di ebola sull’isola di Lampedusa. La notizia si propaga con una velocità impressionante: 26mila condivisioni nel giro di poche ore. In realtà,  è un falso: il post era stato creato da un ragazzo di estrema destra, già noto agli ambienti giudiziari per le sue simpatie xenofobe. Di seguito il post incriminato:

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L’immagine suscita un impatto immediato sull’attenzione e sull’emotività del lettore. Si gioca sui colori bianco, rosso e nero: il primo viene utilizzato per comunicare la notizia principe (l’ebola è arrivato) e su quello che potrebbe accadere nel futuro prossimo (i medici e gli scienziati temono un’epidemia globale); il secondo ha lo scopo di farci capire quanto è vicina – logisticamente parlando – a noi l’emergenza e ne specifica l’entità (3 casi a Lampedusa > verrebbe da pensare che il virus si propaghi con una velocità notevole); il terzo fa da sfondo ma con l’intento di richiamare all’attenzione il lettore. Anche la scelta dell’isola non è casuale. Ricordiamo che l’autore del post ha simpatie xenofobe, che Lampedusa è terra di sbarchi soprattutto dall’Africa.

Nel 2014, l’emergenza ebola ha devastato buona parte dell’Africa occidentale. La psicosi collettiva in Europa ha portato a pensare, onde evitare il propagarsi del virus nel vecchio continente, di arginare gli arrivi dal Canale di Sicilia (proposta rilanciata anche da importanti esponenti politici a livello nazionale). Dunque, mettere LAMPEDUSA nel post significava far passare l’idea che il contagio fosse iniziato per colpa di una o più persone arrivate con il barcone. Il «capolavoro» si completa con due foto raffiguranti un volto ed un braccio notevolmente danneggiati dal virus.

Tale post è un lavoro che possono fare tutti in 2 minuti con il proprio computer da casa.

L’effetto peggiore non lo abbiamo ancora detto. La viralità ed il messaggio drammatico hanno convinto moltissime persone a disdire le vacanze che intendevano trascorrere nelle strutture alberghiere dell’isola di Lampedusa. Il danno, stando a Federalberghi e consorzio albergatori, si è aggirato attorno ai 10 milioni di euro (è bene sottolineare che un question – time alla Camera dei Deputati aveva già smentito il pericolo, restando però inascoltato). Le associazioni interessate si sono mosse  per un’azione giudiziale penale e civile, mentre l’autore dello squallido gesto è stato denunciato ed il post rimosso dalla polizia postale.

La questione potrebbe quindi dirsi conclusa. In realtà, il ragionamento è molto più ampio. Il «successo» del post è stato impressionante, ma soprattutto preoccupante.

Una domanda: come può una persona dare per vera – senza ulteriori approfondimenti –  una notizia del genere? Teoricamente, più il fatto è eclatante, più bisognerebbe essere invogliati a trovare eventuali conferme su altri organi di informazione. In poche parole, «onore al merito» (!) all’autore del gesto, ma ciò non sarebbe mai potuto accadere se tante persone non fossero cascate allo scherzetto.

Il caso appena raccontato è una  conferma di un  problema sociologico e comunicativo che sta attraversando  il nostro Paese: la crisi economica, la credibilità nella politica ridotta ai minimi storici, la scarsa volontà delle persone di non investire tempo adeguato per una (in)formazione decente etc. hanno permesso – con il contributo dei social networks –  il diffondersi del fenomeno della bufala. Così la descrive il dizionario de http://www.dizionario.ilcorriere.it : “notizia clamorosamente infondata, panzana; anche, errore madornale”.

Ormai molti si basano su queste notizie false ogni giorno per giudicare un politico, prendere posizione, votare… Le persone hanno perso, in molti  casi, quella capacità di analisi che permette di comprendere la veridicità o meno della notizia. Abbiamo accennato prima alla possibilità di cercare la notizia indagata su altri organi di informazione. Una procedura semplice : vado su Google, scrivo qualche parola chiave e verifico un buon numero di risultati. Infine, ne traggo le debite conclusioni. Che ci crediate o no, questo è solo il terzo passaggio. Prima, infatti, ce ne sono altri due: 1)  cliccare il link; 2) leggere la notizia. Stop, nella stragrande maggioranza dei casi le persone non toccano il passaggio 3, in quanto danno per scontata la veridicità del fatto.

 Quello che intendiamo fare con l’associazione Mondita è  contribuire a smascherare le bufale, smantellare quelle di stampo razzista e – contemporaneamente – fornire gli strumenti base per permettere alle persone di comprendere autonomamente se stanno leggendo una notizia vera o falsa. Ad ogni post settimanale ogni martedì, per un totale di 10, prenderemo a modello una news falsa e l’analizzeremo, sveleremo una serie di motivi che portano a «valorizzare» questo genere di fenomeno, i rischi sui pensieri delle generazioni attuali e future etc. Si tratterà di un lavoro che nulla intende togliere a chi lo fa già da tempo (mi viene da pensare, ad esempio, a http://www.butac.it ), bensì sostenerne l’azione. Ognuno però lo farà con  i suoi mezzi, le sue modalità, allo scopo comune di contrastare il fenomeno negativo e pericoloso . Nella speranza che, alla fine di questo percorso, ci sia una maggiore consapevolezza riguardo ciò che andiamo a leggere ed a divulgare. Alla prossima settimana per la Prima nostra “Bufala Nera”.