Lettera a me stessa

di Shata Diallo.

A settembre ho iniziato il Tirocinio Post-Lauream in una società italiana di consulenza che si occupa di potenziamento di persone nelle aziende. Mi occupo da anni di empowerment in gruppi interculturali di giovani, ma questa esperienza è un po’ diversa. Le persone, le organizzazioni, sono nuovi mondi culturali che sto scoprendo ed ogni giornata di lavoro in aula o di progettazione fa nascere in me riflessioni, energie, spunti, emozioni.Nelle mie 400 ore di tirocinio ho conosciuto un numero enorme di preziosi esseri umani, ho affiancato tanti consulenti, professionisti con una spinta verso la ricerca, il cambiamento, l’attenzione all’altro, che visualizzavo da anni solo nei miei sogni.Questa Società di consulenza in tutte le sue sfaccettature, è quel pianeta che speravo di conoscere, ma che, fino a qualche anno fa, non sapevo neanche che esistesse e l’ ho scoperta proprio grazie a MONDITA associazione.Un’esperienza recente in particolare mi ha regalato inconsapevolmente lo spunto per questo mio ultimo articolo per MONDITA. Un workshop, che si chiamava “Storie di Empowerment”, concedeva a dei giovani ragazzi la possibilità di confrontarsi con storie di persone che, attraverso successi e difficoltà, hanno raggiunto i propri obiettivi.Le nostre storie di empowerment le raccontiamo spesso agli altri, ma perché, invece, non raccontarle anche a noi stessi? Con una fatica disumana faccio quest’ultimo grande passo verso me e verso gli altri. Scavando nella mia giovane vita, nelle mie gioie e nelle mie sofferenze, mi metto a nudo e condivido la mia storia di empowerment, una Lettera a me stessa. La condivido con voi, ma soprattutto, la condivido con me.

“Ciao Shata,lo so, sei sempre piena di impegni, oggi, però, ti chiedo dieci minuti del tuo tempo, dieci minuti per te stessa. Non ricordo quale anno fosse: eri in Olanda durante uno dei numerosissimi scambi Erasmus+ a cui hai partecipato. Eri nel team del progetto per la tua prima volta, piccola, emozionata, curiosa, ti sentivi quasi fuori luogo. Ti hanno proposto di condurre un’attività e tu, cocciuta, non potevi dire di no anche se avevi una paura fottuta. La stanza era piccola, troppo stretta per tutti quei ragazzi, troppo stretta anche per te. Fino a che quella stanza è diventata più grande del tuo mondo. Sei salita su una sedia, hai urlato le regole dell’attività che dovevi condurre, è partita la musica ed hai visto quella stanza esplodere. Quel momento ti rimarrà nel cuore per sempre, è stato l’inizio, l’inizio di tutto.Due anni fa è stato approvato il tuo primo progetto europeo e due anni fa hai iniziato a balbettare così tanto che ti sei chiusa in te stessa. Era luglio, c’era un sole bollente ed i 50 partecipanti erano tutto lì, a Roma, seduti, aspettando le tue prime parole. Quel giorno hai inaugurato lo scambio raccontando che eri spezzata, che facevi fatica a parlare, che balbettavi. Quel giorno hai deciso di abbracciare le tue paure, hai deciso di affrontarle e di condividerle piuttosto che trasformarle in rabbia e delusione. Quel giorno quei 50 ragazzi hanno accolto le tue difficoltà, quel giorno, tu, hai iniziato ad amare le tue fragilità.Raccontano che quando sei nata avevi già gli occhi aperti, quegli occhi neri così profondi che anche oggi tradiscono sempre quello che senti. A undici mesi hai iniziato a camminare e quelle tue piccole gambe ti permettevano di avvicinarti a guardare quello che volevi. Non rompevi niente, non toccavi niente, osservavi. A cinque anni, quando giocavi con le Barbie ti chiedevano cosa avresti voluto fare da grande e rispondevi “il Ministro degli Esteri” perché volevi diventare una persona importante per qualcuno, una persona che in un modo nell’altro avrebbe lasciato il segno.Le differenze culturali, la difficoltà nel trovare una tua identità. Tua mamma italiana e cattolica, tuo padre ivoriano e musulmano, il battesimo a quattro anni, il battesimo che tu, piccola nana, chissà con quale coscienza hai scelto di fare. La separazione dei tuoi, la partenza di tuo padre per la Francia. Tu, sempre integra e curiosa, tu, così piccola e già un po’ spezzata. Tu, che non avevi pretese, tu, che perdevi per strada i tuoi sogni.Poi hai conosciuto il mondo delle relazioni interpersonali e dell’influenza sociale: gli amici, il gruppo dei pari, i pregiudizi, il razzismo, la gerarchia. E qualcosa, di tutti questi processi psicosociali, già a cinque anni, ti incuriosiva. Non sei mai stata una bambina timida, sempre pacata e composta non perdevi occasione per dire la tua. Il rospo in gola non riuscivi proprio a tenerlo. A quindici anni hai sentito parlare degli scambi interculturali e sei andata in Francia. Timida? Mai. Uscire dalla tua comfort zone? Sempre, troppo spesso. Una sete di conoscere e di scoprire, la paura di non imparare, di non evolvere, il bisogno di dare significato alle cose che facevi, ti hanno dato quella spinta (quasi letale) per non fermarti più. Gli scambi europei a cui partecipi ormai da quando hai quindici anni ti hanno aperto una porta sul mondo: ricordi quelle emozioni che hai provato dalla prima volta in cui hai partecipato? Un solletico sul cuore, di amore, di felicità, di casa, di libertà.Da quel primo scambio non ti ricordo più la stessa di prima. Una luce ancora senza colore è apparsa davanti a te ed hai capito che quella era la tua strada.Guarda caso, tu, così curiosa del senso delle relazioni sociali, hai scelto di studiare Psicologia, sempre attenta a specificare che il tuo sogno di diventare una persona utile agli altri non era svanito, ma aveva trovato la sua forma più completa. Ricordi, Shata, l’esame di Psicologia Sociale? Quel solletico al cuore era lì, quel solletico al cuore, nei tuoi giovani 24 anni, è sempre stato il tornello di accesso alla tua vita. Gli studi sul Pregiudizio etnico ed il contatto intergruppo, la tua prima firma come membro del Direttivo di AFSAI, associazione che si occupa di scambi e attività interculturali, la seconda firma per Gocce d’Amore, Onlus che ti ha concesso di conoscere la tua terra, l’Africa. Il tuo primo articolo per MONDITA, il tuo primo intervento ad un convegno. È stata quasi una magia.Hai fondato una tua organizzazione. Te lo ricordi quel giorno? Avevi 21 anni e sapevi, con certezza, che ce l’avresti fatta. Una sicurezza ingenua ma consapevole. Volevi che altri ragazzi vivessero con il proprio cuore quello che, in tanti anni di scambi, hai vissuto te. Quanti giovani hai coinvolto? Quante delusioni e pianti per quei ragazzi che ti sei persa per strada, quanto dolore quando hai capito che non avresti potuto permettere a tutti di vivere quello che avevi vissuto tu, quanta onnipotenza nel pensare che per tutti queste esperienze sarebbero state la svolta. Quanta felicità per quei ragazzi che ancora oggi ti stringono la mano e ti accompagnano in questo percorso di sensibilizzazione alla cittadinanza europea attiva. Quanto cuore per le sette magnifiche anime che ora fanno parte del tuo team. Il TUO team Shata, ma ti rendi conto di quello che hai costruito?Vedi Shata, la vita a volte non è stata semplice per te, scontrarti con te stessa, con la tua ribellione, con le tue insicurezze, con la tua voglia di gridare al mondo quanto ci tenevi al tuo cuore, spesso ti ha fatto perdere focus su te stessa. Questa fame di rivalsa, di protesta, di battaglia, di vittoria. Questa fame di affermarti e di fare grandi cose è stata la tua fortuna più grande. Questa fame, ad un certo punto, ti ha spezzata e ti ha costretta a ricomporti pezzo dopo pezzo.

Oggi, Shata, all’inizio del tuo percorso di vita, solo oggi, forse, sei vicino alla tua vittoria più grande. Amarti per quello che sei, accettare i tuoi dolori, accettare che hai dei desideri, e che i tuoi desideri valgono tanto quanto quelli del mondo, il mondo che tu, con tanta cura, cerchi di aiutare e migliorare. I tuoi desideri valgono tanto quanto quelli di chi soffre, di chi è solo, di chi ha poche possibilità nella vita. I tuoi desideri valgono tanto quanto quelli dei bambini di Zanzibar, tanto quanto quelli dei partecipanti ai tuoi scambi.

Oggi, tu, hai aperto il tuo cuore a te stessa, hai trovato l’uomo della tua vita ed avuto il coraggio di abbandonarti ad un’emozione che non puoi controllare.Il desiderio di amare, di vivere, il desiderio di lamentarti, di piangere, di soffrire, il tuo desiderio di esistere, vale. Non scordartelo mai, al centro di quel solletico sul cuore ci sei anche tu. Ed è così che il tuo campo di battaglia per i diritti umani, per abbattere il pregiudizio etnico, per promuovere la tua voce diventa un campo di pace. Un campo di pace che ha il colore dei girasoli e della libertà, ha il colore della tua pelle e della tua voce, ha il colore delle tue fragilità. E lo so che a volte l’idea di essere umana e non essere in guerra ti mette i brividi. Come quei soldati che tornati dalla guerra non riescono ad accettare che il pericolo non è più dietro l’angolo e vivono in allerta tutta la vita. Non è semplice a volte, ma tu così piccola, riccia, piena di energia, tu, lo hai capito che il destino non esiste ma si costruisce. Tu, lo hai capito, che nel tuo campo di girasoli puoi essere coerente anche cambiando direzione tante volte. Tu, lo hai capito che quello che sei è all’origine del solletico sul cuore, tu lo sai, che la libertà non si compra. La libertà, la tua, è quella spinta vitale che ti permette di sentire quello che sei.

Oggi tu, piccola ribelle, hai imparato a gestire quello che sei e quello che fai con un focus diverso, oggi tu, piccola Shata, sei diventata grande ed usi la tua voce per gli altri e per te stessa, con una consapevolezza che a volte ti fa paura. E questo, Shata, è solo l’inizio di tante altre sfide e soddisfazioni che incontrerai.Questa è la tua storia di empowerment: attraverso te stessa, per arrivare agli altri. Con quei capelli riccissimi, gli occhi neri ed i tuoi sogni, sii libertà Shata, sempre”.

Grazie a Gianguido ( fondatore di MONDITA ) ed a MONDITAreview, che, da due anni, mi permette di arrivare a me stessa e agli altri.

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