La Mesciùa ligure

Patrizia Borghetti – Insegnante, Scrittrice, Viaggiatrice.

La prima volta che ho mangiato la Mesciua ero a Tellaro, paese ligure arroccato tra il promontorio di Monte Marcello e il mare che lì ti entra quasi nelle case. Oltre che per la sua bellezza Tellaro è famoso  perché nel 1600 venne salvato da un micidiale attacco di pirati in una notte di tempesta che non lasciava presagire l’arrivo di Stranieri, da un polpo (avete letto bene, lo racconta Mario Soldati!) che si attaccò alla corda del campanile e fece suonare le campane svegliando tutti.

Seduta alla locanda di Carla, che adesso non c’è più, ero rimasta colpita dalla storia del polpo e ancor più da quella minestra semplice fatta di grano, fagioli cannellini, ceci, tutto cotto in abbondante acqua con aglio e rosmarino. Una mescolanza, una mesciùa di semi e legumi, semplice ma saporita, giusta per quella giornata di fine inverno quando il sole riscalda improvvisamente e altrettanto improvvisamente ripiomba il freddo.

Ho provato diverse volte a far  la Mesciùa, minestra inventata a La Spezia dalla laboriosità delle donne che si infilavano nella stiva dei bastimenti del porto e facevano man bassa di ciò che era uscito dai sacchi di iuta una volta arrivati in porto cereali e legumi provenienti dalle coste di tutto il Mediterraneo.

Il risultato era una vera mescolanza che risolveva il pranzo e la cena del giorno e dei successivi, soprattutto nei periodi di “magra”, magari con l’aggiunta di qualche foglia di cavolo.

Qualche giorno fa girando per i mercati romani alla ricerca di verdure, mi sono accorta che in attesa degli ortaggi di stagione i banchi sono pieni di sacchetti contenenti semi e legumi secchi di tutti i tipi.

Certo, mi ha detto il venditore, i campi stanno producendo adesso e mentre si aspettano le verdure fresche di stagione, si dà fondo alle riserve di granaglie e legumi secchi. Chi non li ha messi via, li compera. Li prenda, questi sono italiani. Gli ultimi. Perché i prossimi arriveranno dal Cile”.

E mi sono ricordata di viaggi fatti e di minestre simili alla Mesciùa trovati in giro per l’Europa. Come il Caldo (cioè brodo) Verde in Portogallo o ancor di più  in Olanda  lo Snert dove al posto dei ceci cuociono piselli secchi con patate e porri, magari con l’aggiunta di pezzi di salsiccia. O quando a Budapest  con la temperatura  che non superava da giorni lo zero i pentoloni sbuffanti con  le minestre di cereali e legumi bollivano in strada per i pedoni infreddoliti. E chissà quante altre versioni che non conosco ancora e che in giro per il mondo coniugano ingredienti poveri e sapienza culinaria. Un binomio perfetto.