Per una Diplomazia Economica

di Abdessamad El Jaouzi. ( Roma )

Esattamente Il 4 marzo di un anno fa 2018, una batosta eclatante (sicuramente attesa) ha fatto cambiare pelle al nostro bel paese. Oggi, il popolo del centrosinistra festeggia la sua grande dimostrazione democratica. Aldilà di qualunque sentimento o appartenenza, simpatie o antipatie, la salute di questa parte della politica è assolutamente indispensabile per la salute del Paese. Forse gli unici a non essersene accorti in questi anni sono proprio i dirigenti del partito #democratico, spesso più indietro del loro popolo e perennemente perseguitati dal loro stesso demonio dell’”omicidio-suicidio interno”, dalla la lotta di potere e dall’incapacità di saper gestire alcuni temi (primis immigrazione). In questi anni hanno sottovalutato il potere di un popolo, ridicolizzandolo e offendendolo. Forse anche per questo non si può attribuire questa grande partecipazione come consenso al PD, ma c’è un grande affidamento per un “patto” da non tradire. L’eccezionale vittoria di #Zingaretti, con un margine così spaziale, assume un peso maggiore in considerazione del difficile periodo per l’Italia e l’Europa, egemonizzato da #Salvini, grazie al “supporto” di un #M5S sempre più in crisi di identità. A mio avviso, in confronto al voto degli iscritti, appare più un voto sulla persona che sul partito (d’altronde i programmi dei tre candidati non sono mica chiari). Resta la questione del calo endemico degli iscritti nel partito, ma questo sarà loro questione interna (dei territori) da risolvere. La parola chiave, che ho trovato nel discorso di Zingaretti è quel «Non sarò un capo, ma il #leader di una comunità», cosa che ritengo di grande spessore, nella speranza che possa trovare percorso pratico o che non si frantumi sul muro delle correnti. In questo momento particolarmente difficile, credo faccia bene, indipendentemente che uno abbia votato o meno. Certo, le elezioni politiche sono altra cosa. Il dramma rimane. Per questo ci vuole ben più delle primarie (l’esperienza di Bersani nel 2013 dovrebbe insegnare).

Il dato di fatto è che Salvini ha certamente un nuovo antagonista leader del Centro sinistra. Posso percepire la sensazione di felicità che provano in questo momento i volontari nei circoli, le persone che ci credono davvero, quelli che resteranno sempre nell’ombra. Sicuramente pensano “abbiamo dormito poco o niente, ma ne è valsa la pena”. Una cosa che difficilmente potrà capire chi non l’ha mai vissuta. Io, come moltissimi, non l’ho più vissuta dal 2013, dopo che il partito non era più quello che il nostro Paese si aspettava fosse. Complimenti davvero a loro.

Spero che il nuovo Segretario possa, tra le altre cose, possa inserire nella sua agenda l’importanza di investire sulla presenza dell’Italia negli scenari internazionali e di favorire l’#internazionalizzazione delle imprese italiane per giocare un ruolo più forte nei mercati mondiali. C’è il bisogno di una #diplomaziaeconomica e di un dialogo solido, di interconnettersi con le reti.

Il nostro paese non deve avere paura di manifestare la sua eccellenza, ma deve uscire dalle sabbie mobili e dalla mancanza di conoscenza delle opportunità nel mondo, delle culture nel mondo. Per anni, e ancora oggi, il mercato di riferimento principale resta l’Europa, mentre i nostri maggiori competitor (vedi Germania, Francia, Spagna etc) investono nel Mediterraneo, in Africa, nel Medio Oriente e in estremo oriente. Occorre sbloccare quel meccanismo che si interferisce tra il #MadeinItaly e la sua concretezza all’estero, che significherebbe Lavoro e sviluppo. Occorre sostenere le medie e piccole imprese, favorire azioni e piattaforme per agire in gruppo. D’altra parte bisogna uscire dalle dinamiche, purtroppo diffusa tra le imprese italiane, del mordi e fuggi, dell’egoismo o delle “scorciatoie”. Sullo scacchiere internazionale si gioca con le regole dei mercati e della concorrenza e non secondo i nostri gusti.

Ci sono due aspetti importanti che possono aiutare molto. 1) Investire nella #cultura italiana nel mondo, molto apprezzata e avvantaggiata da un paese considerato pacifico, che rappresenta un veicolo eccezionale per tessere relazioni e rapporti di cooperazione internazionale e predisporre la nascita di un’economia sostenibile. Inoltre diverrebbe un ottimo strumento di crescita anche per i paesi in via di Sviluppo (con tutti i risvolti positivi immaginabili). 2) La mobilità giovanile e le nuove generazioni di italiani portatori di più culture, lingue, istruzione ed esperienze. 1+2 significa mettere a somma risorse disponibili per essere competitivi e garantire un futuro ai giovani e al Paese. Abbiamo molto da giocare soprattutto nelle nuove tecnologie e nell’economia #sostenibile (rinnovabili, Biogas, costruzione etc). Non si possono alzare barriere in un mondo globale, e nemmeno pensare ad un’economia basata su slogan e nazionalismi. Saremmo gli unici ad esserne danneggiati. Ma resta condizione minima e necessaria la costruzione di un percorso a lungo visione per ripristinare una nuova politica dell’internalizzazione supportata da una politica estera reale.

In sostanza l’Italia (da non dimenticare che è un paese fondatore dell’UE e tra i G7) potrebbe diventare un vero HUB strategico (se solo lo volesse).

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