di Shata Diallo e Francesco Pisa.
I Giovani d’oggi, al contrario degli stereotipi sminuitivi, hanno voglia di dire la propria. Esiste una grande fetta di questi che, alla domanda “Chi voti?” presenta la risposta: “Sono tutti ladri, non credo nella politica”. Si può non credere nella Democrazia, ma cosa vuol dire non credere nella Politica? Non sanno rispondere questi ragazzi, giovani, coetanei, non sanno replicare e non se ne vergognano.
Esiste invece un’altra categoria, sicuramente la più piccola: la categoria dei Giovani Attivisti. Impegnati politicamente portano avanti i loro ideali in modo assolutamente esplicito, e il confine tra estremismo, senso di appartenenza e poco senso critico diventa molto sottile.
Un’altra categoria è invece quella dei giovani che, non attivisti, scelgono di affidarsi ad un orientamento politico. Questi conoscono il valore profondo del voto e la sua importanza all’interno di una comunità tanto da non rinunciare mai al loro diritto di esprimersi.
Una gran parte di questi giovani studia in una città diversa dalla propria ed è quindi considerata “fuori sede”. Gli studenti italiani fuori sede ammontano a due milioni. Ecco, questa fetta di giovani non può e non potrà votare il 4 marzo se non tornando a casa loro perché a distanza non è previsto.
Un’altra fetta di cittadini italiani che non potrà votare, è quella partecipante ai corsi di formazione Erasmus Plus in paesi europei. E non facciamoci ingannare dagli articoli pubblicitari che ad oggi propongono titoli quali “Da ora si può votare all’estero”. Si, perché la nuova legge elettorale riguarda solo chi testimonia una permanenza all’estero di almeno tre mesi.
Le ultime statistiche risalenti al 2016 sui dati di partecipazione al programma Erasmus Plus riportano che ogni anno circa 58 mila giovani italiani tra i 15 ed i 30 partecipano a questi progetti. Le attività riguardano corsi di formazione all’estero che, concordati un anno in anticipo rispetto allo svolgimento, hanno la durata di una settimana. Dal numero sopracitato, sono escluse le statistiche degli studenti universitari Erasmus, che, stando all’estero per una durata superiore a tre mesi, grazie alla nuova legge elettorale hanno il diritto di votare.
Tra quei 58 mila giovani ci siamo anche noi due, che il 4 Marzo saremo in Olanda con una delegazione di italiani e di ragazzi provenienti da altri sette paesi europei per partecipare ad uno scambio giovanile organizzato dal gruppo informale italiano con cui collaboriamo, YOBBO, per un progetto certificato Erasmus Plus il quale affronterà le opportunità di lavoro in zone rurali e le politiche di de-urbanizzazione. Questo progetto è stato programmato molto più di un anno fa, quando, ancora, non si conosceva la data delle elezioni. Noi, all’estero una settimana, non potremo votare. Per noi, cittadini italiani attivi e promotori di politiche giovanili, non ci sono agevolazioni.
NOI, 58 mila giovani studenti, NOI 2 milioni di fuori sede, in gran parte non voteremo, e questa è l’imbarazzante spiegazione.
La grande contraddizione è che in tutta Italia tantissimi fuori sede (per periodi superiori di tre mesi) non possono votare se non nel loro comune di residenza. D’altra parte però la nuova leggere elettorale ha introdotto la possibilità di votare per chi è all’estero per più di tre mesi, ma non per chi è fuori sede in Italia per più di tre mesi.
Paesi europei come Francia e Inghilterra consentono di votare per via telematica, in caso di impossibilità di presenza fisica nel proprio seggio, già da moltissimi anni.
Ecco perché molti Giovani italiani non voteranno: perché non sono nel loro comune di residenza, perché sono fuori sede (ed uno sconto sul biglietto del treno non è requisito sufficiente per dare diritto al voto) perché sono all’estero per promuovere progetti europei che facilitino una cittadinanza attiva portando con se giovani italiani che nella vita hanno avuto poche possibilità di conoscere il mondo ed orientarsi in una nuova realtà.
Ecco perché non votano, questi giovani ignoranti ! E non c’è niente da ridere, nessuna battuta come “Menomale, almeno non mi sono dovuto impegnare a scegliere chi votare”. Nessuna battuta di questo tipo, da parte di questi giovani. Non uno scherzo, ma una sconfitta: per noi che abbiamo visto i nostri nonni lottare, per noi che lottiamo per un futuro migliore, vicini e lontani da casa, ci è vietato di votare.
È nostro diritto e dovere da cittadini attivi istruirci, promuovere valori di cittadinanza attiva, è nostro diritto e dovere tutto questo, come quello di votare. Questa volta, invece, le due cose non quadrano, e non ci sentiamo più cittadini liberi di scegliere.
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