Poesia fra le Lingue

di Maria Cristina Mauceri – Università di Sydney.

Questo mese presenterò una poeta translingue di origine austriaca, Barbara Pumhösel, che dal 1988 vive a Bagno di Ripoli vicino a Firenze. Uso il termine “Poeta” perché Pumhösel fa parte della Compagnia delle poete di cui ho parlato sul numero di MONDITAreview del 2 marzo 2017. La sua produzione poetica è bilingue, in italiano e in tedesco. Poeta di grande sensibilità e originalità, ha vinto diversi premi letterari e ha pubblicato in antologie e riviste in Italia, Germania e Austria. Alcune sue poesie sono apparse nel volume Ai confini del verso. Poesia della migrazione, curato da Mia Lecomte (Le Lettere, 2006). In seguito ha pubblicato le raccolte prugni (Cosmo Iannone, 2008) e più recentemente In transitu (Arcipelago Itaca, 2016). Ha scritto diversi testi di narrativa per l’infanzia dai titoli molto originali (Fughe e fantasmi, Girasoli e giratutti, Pericoli e pecore), e fa laboratori di poesia nelle scuole.

Ho parlato di lei con Alice Loda, docente di Lingua e Letteratura italiana all’Università di Sydney, studiosa di poesia e a sua volta poeta, che recentemente ha completato un dottorato su “Exophonic Poetics in Contemporary Italy” in cui ha anche analizzato le poesie di Pumhösel.

   Alice Loda

MCrM: Prima di tutto ti chiederei di illustrare la poetica di questa autrice.

AL: Pumhösel è un’autrice che attraversa vari generi letterari (poesia, fiaba narrativa per l’infanzia, narrativa breve) e per comprendere a fondo la sua opera bisogna attraversarli tutti. La sua produzione letteraria si articola in due lingue, tedesco e italiano. Le opere in seconda lingua sono diverse fra loro ma hanno in comune alcuni aspetti fondamentali: un rapporto giocoso e creativo con l’italiano, che viene plasmato e inserito in giochi morfologici e combinatori, una riflessione profonda sul movimento e sui suoi effetti e una forte spinta anti-antropocentrica che porta il soggetto a fondersi frequentemente con la realtà esterna. A livello lirico, la prima raccolta, prugni, rappresenta una pietra miliare per la sua poetica; di questa raccolta e dei suoi aspetti semantici e formali mi sono occupata nella mia tesi.

MCrM: Curioso il titolo prugni, che significato ha questo albero scritto al plurale?

AL: Gli alberi sono estremamente presenti nella poesia di Pumhösel e spesso sono colti in transizione verso altre forme e specie. Il prugno è tuttavia uno dei maggiori protagonisti dei suoi versi e del suo immaginario e a mio avviso rappresenta allo stesso tempo un elemento forte, unico, stabile ed eterno e un’immagine dinamica e molteplice, che si muove con l’autrice e con lei varca confini e dissolve frontiere spazio-temporali. È dunque certamente un simbolo polivalente attraverso il quale Pumhösel risale alla sua infanzia, per spostarsi poi su nuovi terreni letterari e intertestuali (soprattutto attraverso le metamorfosi e le animazioni dell’albero). In un certo senso, l’albero del prugno dimostra che si può essere radicati senza stare sempre nello stesso posto, perché lo si può ritrovare, sempre forte e inconfondibile, in luoghi, tempi e spazi differenti.

MCrM: Qual è il suo rapporto con l’italiano e qual è la sua funzione creativa?

AL: Pumhösel ha fatto molti interventi teorici interessanti nei quali riflette sull’uso della seconda lingua. Un punto centrale del suo rapporto con l’espressione translingue (o esofonica) è legato a un’idea di liberazione delle parole dalla “gabbia” del significato, operazione che non può ovviamente avvenire nella madrelingua. In questo senso l’utilizzo dell’italiano apre per lei nuovi spazi creativi, e consente inedite configurazioni tra il significante e il significato. La selezione delle parole è guidata principalmente da un’esigenza percettiva e sensuale. Lei stessa dice: “Nella lingua straniera c’è una parola che ha un suono preciso, bello, che suggerisce qualcosa che magari è tutto il contrario del suo significato reale ma finché non lo cerco nel dizionario, ho tutta una serie di immagini di quello che, per me, potrebbe essere. Io sento una parola e dal suo suono la collego a un’immagine e prima di imparare cosa davvero vuol dire, posso anche toccare quella parola come un oggetto da guardare che mi suggerisce delle cose che poi non sono”.

Il rapporto creativo con il linguaggio si può inoltre osservare nell’utilizzo di neologismi, giochi di parole e innesti morfologici. L’uso della lingua madre nelle raccolte in italiano è generalmente moderato ma significativo, e compare soprattutto nei titoli. Ad esempio delle poesie “Heimweh, Fernweh” e “Ursprung”.

MCrM: Questo rapporto con la seconda lingua ha conseguenze sulla forma delle sue poesie?

AL: Senz’altro. L’utilizzo ‘materiale’ delle parole, che vengono spesso disposte come veri mattoncini da costruzione sulla pagina, porta Pumhösel a creare composizioni che parlano al lettore già attraverso la loro forma. Possiamo dire che i suoi testi hanno tanti livelli di lettura e il primo è senz’altro quello dato dalle componenti visive e grafiche. A questo si unisce il gusto dell’autrice per la brevità estrema, con una conseguente rivalutazione dello spazio bianco nelle sue poesie. Il massimo livello di tensione tra la parola e lo spazio bianco si raggiunge con gli haiku, un genere molto praticato da Pumhösel e che ben si coniuga con la sua esigenza di sintesi, ironia ed esattezza. Ne do alcuni esempi:

per i ricordi

farsi con frasi e frasche

un fresco rifugio

i germogli nel

campo memorizzano

la prima pioggia

fine estate

parto con un soffio di

libeccio in borsa  (prugni,  pp.  139, 144)

MCrM: Quali sono le principali tematiche delle sue poesie?

AL: Uno dei nodi centrali è senza dubbio quello della memoria e del ritorno all’infanzia. Questo percorso à rebours è facilitato dall’utilizzo di una lingua composita ed esatta ed è sempre basato sulla percezione o la commistione tra percezioni (la sinestesia è una delle figure preferite da Pumhösel). Un secondo elemento fondamentale è dato dalla rappresentazione dello spazio e degli elementi che lo compongono. Gli scenari naturali, abitati da piante, fiori e animali, sono dipinti con un altissimo livello di tecnicismo. Direi in questo senso che c’è un approccio scientifico nella trasfigurazione lirica del mondo naturale operata da Pumhösel. Un altro aspetto centralissimo è infine quello del movimento e della migrazione, ricorrente in tutte le sue opere.

MCrM: Come affronta una poeta transculturale come Pumhösel il tema dell’attraversamento dei confini?

AL: In prugni c’è un’attenzione particolare per l’attraversamento dei confini, così come per i cambiamenti che quest’ultimo determina. Metamorfosi, trasformazioni, personificazioni, sono sempre centrali. Quello di Pumhhösel è un io lirico estroflesso e capace di proiettarsi verso ciò che percepisce o osserva, ma anche in grado di diventare ciò che incontra all’esterno: una volpe, un albero, un’idea. Questo continuo stato di trasformazione porta a una visione dell’universo assolutamente non gerarchica: in questo senso nella poesia di Pumhösel si può vedere una significativa spinta anti-antropocentrica.

MCrM: Il concetto di confine richiama il tema della migrazione. Che ruolo ha nelle sue poesie?

AL: Come anticipavo, la tematica della migrazione è molto presente come un filo rosso in prugni ma è generalmente molto ricorrente in tutte le sue opere. prugni riflette molto sull’abbandono dell’idea stessa di confine e sulle conseguenze del movimento fisico tra spazi, che produce un immaginario sempre mobile e ibrido. In questo senso uno dei testi iconici è alla frontiera:

il Mond digrigna i denti

li fa stridere così forte non

riesco a dormire mentre egli

cresce incontro alla Buona

Speranza e la speranza aumenta

finché non è piena ma la luna

in tedesco è maschile e al suo

interno sta un uomo io sono

più a sud qui la luna è donna

e alla frontiera se rimani sveglio

si trasforma in ermafrodita

[…]

MCrM: Mi ricordo che anni fa mi colpì molto la sua poesia “Eva”. Potresti commentarla in particolare il gesto di ribellione di Eva che viene presentata nel ruolo di donna emancipata?

Sono stufa

di vedere Eva

che morde

la mela

sotto lo sguardo

del serpente.

Eva che quadro

dopo quadro

viene ricacciata

dal paradiso.

Vorrei vederla

seduta sul ramo

più alto del melo

con le gambe

penzoloni.

Vorrei vederla

sorridere

mentre prepara

una torta di mele

o ancora mentre

cantando pianta

i semi.  (Compagnia delle poete, 2013  pp. 55-56)

La poesia “Eva” rappresenta un’ascesa e contestualmente un’immagine di liberazione da una caratterizzazione convenzionale, si direbbe qui un viaggio verso un nuovo ”empowerment” . Risalendo attraverso il tronco, rappresentato graficamente dei versicoli che verticalizzano il testo, Eva si libera del suo abito tradizionale, e viene colta in un momento domestico, nuovo, di leggerezza e gioia. Questa poesia è un buon esempio dello sguardo di Pumhösel sulle cose e sulle parole.

MCrM: Concludo con questa bella poesia “Ci sono parole” in cui attraverso l’immagine di un frutto, Pumhösel rivela come in lei convivano più lingue, la terza è quella della poesia:

La buccia in una lingua

E la polpa in un’altra

Con un morso si attraversa

Due mondi e il nocciolo

Germogliando partorisce

Una terza che contiene

Noi gli altri e il passato

Ci avvolge e ci sopravvivrà. (Madrigne, 2015, p. 54)

 

 

 

 

 

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