a cura della Redazione
Da alcuni giorni è iniziato il mese di Ramadan anche in Italia e si dà troppo per scontata la conoscenza delle origini e del significato di questo momento così importante dellall’anno per i fedeli musulmani.
L’Islam in Italia è la seconda religione dopo il cristianesimo.
Alcuni dati con fonti diverse:
- Secondo l’istituto ISMU (iniziative e studi alla multietnicità) al 1º gennaio 2016 in Italia sarebbero residenti circa 1.400.000 musulmani, ovvero una cifra corrispondente al 2,34% della popolazione italiana.[2]
- 1.505.000 secondo le stime del Dossier Statistico 2011 Caritas/Migrantes
- 1.200.000 secondo Mario Scialoja della Lega musulmana mondiale
- Altri contano circa 1.100.000 musulmani, di cui il 6% (circa 67.000) cittadini italiani, tra italiani di nascita convertiti e stranieri che hanno acquisito la cittadinanza, 912.000 (82%) immigrati regolari e circa 132.000 (12%) immigrati irregolari.
Il numero varia spesso in funzione della definizione di “musulmano”, ossia se siano da comprendere quanti provengano da paesi di cultura musulmana, ma non si definiscano credenti o non siano praticanti.
Il Ramadan è il mese nel quale si pratica il digiuno (in arabo: رمضان, Ramaḍān) ed è, secondo il calendario musulmano, il nono mese dell’anno e ha una durata di 29 o 30 giorni. Costituisce un periodo eccezionale dell’anno per i fedeli musulmani: «Il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvezza». Celebra l’annuncio della Rivelazione fatta dall’Angelo Gabriele a Maometto.
Il digiuno (sawm) durante tale mese costituisce il quarto dei Cinque pilastri dell’Islam e chi ne negasse l’obbligatorietà sarebbe kāfir, colpevole cioè di empietà massima e che esclude dalla condizione di musulmano. In alcuni paesi a maggioranza islamica il mancato rispetto del digiuno nei luoghi pubblici è sanzionato penalmente in quanto urta la morale comune, tuttavia nella sfera privata non sussiste alcun obbligo.
Nel corso del mese di Ramadan infatti i musulmani debbono astenersi dal bere, mangiare, fumare e dal praticare attività sessuali. Particolarmente intensa dev’essere la lotta contro i cattivi pensieri, le cattive azioni, la rabbia.
Chi è impossibilitato a digiunare (perché malato o in viaggio) può anche essere sollevato dal precetto ma successivamente, appena possibile, dovrà recuperare i giorni del mese in cui non ha digiunato. Le donne incinta o che allattano, i bambini e i malati cronici sono esentati dal digiuno e dovrebbero al suo posto, secondo le loro possibilità, fare la carità (come ad esempio nutrire le persone bisognose indipendentemente dalla loro religione, gruppo etnico o dalle loro convinzioni). Le donne durante il loro ciclo o le persone in viaggio non devono digiunare, ma lo possono posporre a la prima data possibile.
Quando tramonta il sole, il digiuno viene rotto. La tradizione vuole che si preferisca mangiare un dattero, perché così faceva il Profeta. In alternativa si può bere un bicchiere d’acqua.
Dato che il calendario islamico è composto da 354 o 355 giorni (10 o 11 giorni in meno dell’anno solare), il mese di Ramadan, di anno in anno, cade in un momento differente dell’anno solare, e quindi man mano retrocede, fino a cadere in una stagione diversa.
Il significato spirituale del digiuno è stato analizzato da molti teologi. Si attribuisce ad esempio al digiuno la dote di insegnare all’uomo l’autodisciplina, l’appartenenza a una comunità, la pazienza e l’amore per Dio. Un’altra interpretazione è che il digiuno e l’astinenza sessuale per un mese intero ricordi al praticante le privazioni dei poveri.
Al termine del Ramadan, viene celebrato lo Id al-fitr (“festa della interruzione [del digiuno]”), detta anche la “festa piccola” (id al-saghir).
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