Un film sulle Migrazioni fra Libia e Italia

a cura della Redazione.

Sul film di Andrea Segre  “L’Ordine delle cose”  2017

Ancora una volta, alla Mostra del Cinema di Venezia vengono proposti film stranieri e italiani che in qualche modo raccontano il tema delle Migrazioni. Sottolineiamo questo dato importante e significativo perché indica la distanza fra la sensibilità di registi e produttori cinematografici non solo italiani e la incapacità o non volontà di dirigenti pubblici e privati italiani di Televisioni ma anche di altre Istituzioni di dare valore  e investire in programmi di comunicazione e di cultura che vadano oltre l’emergenza o la pura solidarietà : una Società Multietnica matura e più serena si crea anche e soprattutto con la promozione culturale e la comunicazione in ogni ambito sociale.

Per l’Italia quest’anno a Venezia , nelle sale italiane dal 7 settembre, è stato proiettato il nuovo e interessante film L’ORDINE DELLE COSE di un regista abbastanza giovane che si è sempre e coerentemente impegnato nella realizzazione di documentari e film a soggetto dedicati ai Migranti : il padovano Andrea Segre.

Regista di film e documentari per cinema e televisione, ( L’ordine delle cose (2017), I sogni del lago salato (2015), La prima neve (2013), Io sono Li (2011), La mal’ombra (2007), Checosamanca (2006), MARGHERA CANALE NORD (2003), Andrea Segre è tra i fondatori di ZaLab, un’associazione e uno spazio partecipativo nato nel 2006 per la produzione di documentari sociali e progetti culturali.

Il protagonista di questo ultimo film ( prodotto da Jolefilm  dell’attore Marco Paolini ) è  (Paolo Pierobon), un alto funzionario del Ministero degli Interni, specializzato in missioni contro l’immigrazione irregolare, che deve confrontarsi con i viaggi illegali dalla Libia all’Italia. A lui viene affidato il delicato compito di bloccare o far diminuire i viaggi illegali dalla Libia verso l’Italia, conciliando la realtà di un Paese attraversato da profonde tensioni con gli interessi italiani ed europei. Ma Corrado, mentre svolge bene il suo compito, si lascia coinvolgere nelle vicende familiari di Swada, una donna somala che sta cercando di scappare dalla detenzione libica e di attraversare il mare per raggiungere il marito in Europa. La missione di Corrado, incentrata sui numeri e non sulle persone, vive un momento forte di “cedimento” all’umanità del suo lavoro. La storia di Swada tocca molto la coscienza del funzionario, combattuto tra l’adempimento del suo dovere e l’istinto di aiutare qualcuno in difficoltà. Nel finale avverrà una svolta significativa e coerente.

Nel film  L’ordine delle cose abbiamo adottato lo sguardo di chi è fermamente convinto che gestire e bloccare il traffico dei migranti sia la cosa giusta da fare. Non abbiamo preso lo sguardo “cattivo” e xenofobo di alcuni -sarebbe stato troppo facile-, ma quello di chi cerca di fare questo lavoro in modo ordinato, convinto che abbia un senso.”(…)“ Il centro della mia ricerca è la crisi dell’identità delle persone, che si trovano oggi a cercare una difesa in un ordine che fa male, anziché guardarsi dentro. Il tema dell’emigrazione” ( dall’intervista in www.altreconomia.it ).

Segre ci ha stupito con questo nuovo film : meno caldo dei precedenti, meno poetico e meno appassionato al tempo, e volutamente quasi freddo, distaccato, al limite dell’inespressivo. Racconta una storia originale quasi con metodo chirurgico, senza esprimere giudizi espliciti e critici, senza demonizzare una figura professionale, sociale, di fatto politica, oggi facilmente accusabile di servilismo e cinismo. Il film riesce a portare lo spettatore dentro la vita, la testa, il corpo di un Funzionario di Stato capace, intelligente e sensibile, che comunque alla fine della storia sceglie fino in fondo la coerenza con il suo ruolo professionale, anche se con gli occhi lucidi. E questo anche grazie ad una interpretazione davvero eccellente dell’attore protagonista. Forse solamente un po’ troppo lento e lungo ma L’Ordine delle Cose rimane un bel film da vedere e da pensare, molto originale nella sua invenzione del soggetto e davvero sorprendente se lo considera frutto di un autore, un regista che sfida se stesso in un nuovo registro cinematografico.

Il grande e complicato tema delle Migrazioni e della loro gestione sociale e politica nazionale ed internazionale ha un nuovo Film che arricchisce la lunga serie realizzata in Italia dal primo di Michele Placido del 1990  Pummarò.

 

 

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