Cooperazione e Migrazione: per un gioco non a somma zero

Tana Anglana – Cooperatrice Internazionale.

Alla Conferenza “Migrazione, accoglienza, inclusione, co-sviluppo” si è parlato poco di Cooperazione ed è una nota estremamente positiva. L’urgenza, piuttosto, di arrivare a una definizione di un nuovo modello di società italiana come prerequisito necessario a che qualunque intervento di cooperazione abbia senso ed efficacia, è stata sentita e comunicata a più livelli. Il tema dell’identità europea torna al centro delle analisi, fortunatamente. L’intervento introduttivo del Vice Ministro degli Esteri Mario Giro, la sua visione ampia e lucida, ha segnato il passo del pomeriggio di lavoro, ponendo sul tavolo il tema di una evidente crisi antropologica (che diventa politica) comune a molti paesi. In un diffuso clima di confusione, allarmismi, legittimi timori e necessità di gestione razionale del fenomeno migratorio, ci si pone il quesito di quali siano i pilastri comuni su cui costruire una reale cooperazione tra paesi.

Inevitabile pensare all’impennata politica, ma soprattutto comunicativa, della nuova amministrazione statunitense riguardante la migrazione. Il modello di società che ci presenta soffre del ricorso storico ben delineato da Giro come passaggio da Declinismo a Pessimismo e infine ad Aggressività. Rimane in quella trappola autodistruttiva la società che nasconde lo sguardo dietro un muro anziché lasciarlo libero di cogliere la complessità e le relative possibilità. Gli Stati Uniti hanno accelerato verso la direzione più miope, ma il rischio di percorrere la stessa strada lo corriamo davvero tutti, ecco perché è ancora più importante che si creino momenti di riflessione istituzionale su temi poco sexy – ma essenziali – come il processo di cittadinanza attiva, l’inclusione sociale, la cultura della Cooperazione, l’educazione allo sviluppo.

La Direttrice dell’AICS, Laura Frigenti, lancia lo stimolo giusto nel suo intervento, chiarendo quanto l’efficacia degli interventi di Cooperazione nei paesi target sia direttamente proporzionale alla capacità di costruire un cambiamento di paradigma in Italia. La valorizzazione delle diversità è il terreno su cui si costruisce la crescita delle società. E’ forse questa la vera radice e il vero valore aggiunto del co-sviluppo.

In questa visione più ampia e razionale si devono inserire le analisi di tutti gli aspetti legati alla gestione delle migrazioni, a partire dalla creazione di canali legali di ingresso in Italia, dal consolidamento del sistema di prima accoglienza, dei corridoi umanitari, di inserimento e cittadinanza attiva per i migranti. Solo seguendo questo percorso è possibile poi approdare infine ad una programmazione di interventi di cooperazione che ponga i migranti stessi al centro della sua strategia portante. Tutte le analisi e gli interventi che si sono susseguiti durante l’evento, sembravano convergere perfettamente in questa direzione.

“Fin qui tutto bene”, verrebbe da pensare. Ma allora perché le politiche migratorie europee sembrano essere solo una versione più tecnicamente sofisticata degli spregiudicati provvedimenti dell’amministrazione Trump (peraltro, neppure troppo distanti dalla consuetudine politica statunitense)? Perché in Europa si moltiplicano i muri, si delega a paesi terzi il compito di bloccare le persone, si stipulano accordi indecenti per allontanare dalla vista la conseguenza umanamente drammatica dell’economia e della politica estera dei nostri paesi? Le motivazioni dello scollamento tra le posizioni razionali dei singoli e gli anti(es)tetici provvedimenti politici saranno sicuramente variegate e complesse, ma io scelgo di puntare molto sul terrore delle urne e la recente imprevedibilità degli esiti elettorali. Sulla paura dell’invasione e sulla costruzione di un nemico facilmente identificabile (il migrante) si costruisce un ampio elettorato in maniera semplice, sicuramente più semplice di quanto si possa fare costruendo una coscienza storica e tentando di aggregare i cittadini europei attorno a una visione civica condivisa.

La viva speranza in un cambiamento porta a raccogliere la sfida e cominciare a riflettere su come fare in modo che l’interesse particolare e l’egoismo generalizzato possano confluire e alimentare una politica di cooperazione virtuosa. Applicare il concetto di “egoismo altruista”, come argutamente suggerito da Ilda Curti nel suo intervento. Un ossimoro, ma anche un cambiamento di prospettiva per ripensare una Cooperazione allo Sviluppo maggiormente razionale ed efficace.

Alcune domande importanti si pongono di conseguenza: che politica e obiettivi comuni si possono definire tra i soggetti coinvolti nel processo? Quali strategie possono essere adottate per massimizzare il beneficio di ciascun soggetto e dell’intera comunità? Quale tipo di relazione tra soggetti promuovere per dare vita a un processo realmente cooperativo?

Tutte questioni a cui è necessario dare una risposta per definire il percorso migliore che ci porti alla destinazione desiderata: una politica di Cooperazione che sia di beneficio per tutti. Un gioco non a somma zero.