In ricordo di Predrag Matvejević

Melita Richter – sociologa, traduttrice, saggista, mediatrice culturale.

Predrag Matvejević (Mostar 7 ottobre 1932Zagabria 2 febbraio 2017) è stato uno scrittore e accademico jugoslavo con cittadinanza croata naturalizzato italiano. Docente di letterature alle università di Zagabria, Parigi e Roma, è molto conosciuto anche in Italia per il libro del 1987 Breviario mediterraneo, lavoro fondativo della storia culturale della regione del Mediterraneo, che è stato tradotto in oltre venti lingue. Figlio di un padre russo e di una madre croata ha vissuto in prima persona la forza della multietnicità e ha promosso in tutti i modi la ricchezza interculturale del Mediterraneo come area del Mondo generatrice di grandi culture connesse.

E’ curioso: di fronte a tante immagini che scorrono nella mia mente pensando a Predrag, s’impone una nella quale io sono assente e che si svolse in un tempo antecedente alla  nostra conoscenza. E’ l’immagine di due bardi della letteratura del mondo jugoslavo, uno più maturo, l’altro più giovane, che condividevano un viaggio in treno che li portava dalla costa adriatica verso l’entroterra, discutendo della letteratura e del potere. E’ l’immagine di due bardi della letteratura del mondo jugoslavo, uno più maturo, l’altro più giovane, che condividevano un viaggio in treno che li portava dalla costa adriatica verso l’entroterra, discutendo della letteratura e del potere. Si trattava di Danilo Kiš e di Predrag Matvejević. Fu Kiš, a formulare un decalogo di ammonizioni sotto forma di “Consigli a un giovane scrittore”, tramandandoli all’amico fraterno.

“-Coltiva il dubbio verso le ideologie regnanti e verso i prìncipi

 – Sii persuaso di essere più forte dei generali

– Non associarti a nessuno: lo scrittore è solo

– Se non puoi dire la verità, sta zitto”.

E’ seguendo queste massime che Predrag Matvejević ha vissuto ed è morto pochi giorni fa a Zagabria.

Alla ricerca della verità era dedicato il suo incensante lavoro,  per molti una verità scomoda, per lui stesso a volte dolorosa, ma senza la quale lui si sarebbe smarrito. Era la bussola che guidava la sua presa di posizione.

Bisognava prendere posizione, oppure tradire se stessi”, ripeteva. “Ho poca stima per coloro che pongono lo spirito di parte al di sopra dei principi, la nazionalità prima dell’umanità. Una grandissima responsabilità incombe su di loro”.

E se il suo continuo interrogarsi sul destino del mondo nella ricerca di risposte era costellato di incertezze, il suo agire da intellettuale impegnato era sostenuto da radicali convinzioni:  il rifiuto del nazionalismo e degli estremismi di ogni sorta e provenienza; la condanna ed il ripudio di ogni dogmatismo e totalitarismo e dei tentativi della loro riabilitazione; la profonda indignazione di fronte all’intolleranza, alla marginalizzazione ed esclusione dell’altro e del diverso, al particolarismo culturale, alla trasformazione della cultura nazionale in ideologia della nazione.

Di questo scriveva, di questo era fatta la sua linfa esistenziale, di questo il suo respiro. E, come canta il poeta-cantautore russo Bulat Okudžava che lui amava tanto, nella straordinaria ballata Я пишу исторический роман (“Sto scrivendo un romanzo storico”), “respirava come scriveva, scriveva come respirava, non curandosi di piacere, non mentendo”.

Quando, qualche giornalista a Sarajevo gli si rivolse ringraziandolo per il coraggio nella difesa della causa delle vittime civili colpite dalla barbarie dell’assedio, egli rispose, “io non sono coraggioso, sono soltanto sincero”.

Questo è stato Predrag Matvejević, uomo di cultura europea, di appartenenza europea, profondamente segnato dalla cultura dei popoli slavi del Sud e del loro destino. Antifascista, convinto jugoslavista e allo stesso tempo dall’animo anarchico che per niente ama gli stati, non rifuggiva a dire “Quel paese meritava un destino migliore”. E, mentre gli altri indicavano ai popoli di quel Paese ex come agli ultimi barbari e scannatori balcanici, egli riprese a viaggiare il mondo scegliendo l’esilio per portare con sé il bagaglio prezioso della letteratura, della filosofia, della sapienza e della pratica dialogica alle quali non ha mai rinunciato, dispiegandole davanti agli interlocutori stupiti di tanta ricchezza. Lo ha fatto negli atenei, nei parlamenti, nelle piazze, nei teatri, nelle commissioni europee, nei salotti letterari, come tra le rovine della sua patria, della sua Mostar colpita a morte, schierandosi con coloro che hanno sofferto di più.

Grazie delle tue parole, grazie della tua vita, indimenticabile Maestro Predrag.

Melita Richter è nata a Zagabria. Laureata in Sociologia all’Università di Zagabria, ha collaborato con riviste specializzate in patria, in Italia e all’estero. Dal 1980 vive a Trieste dove lavora come sociologa, traduttrice, saggista, mediatrice culturale. Fa anche parte della “Compagnia delle Poete”, fondata da Mia Lecomte a Roma nel 2009. Autrice e coautrice di diversi libri, nel 2016 ha pubblicato per Cosmo Iannone ed. l’antologia critica “Libri Migranti”.