Decisi nella tempesta

Marco De Cave – segretario Mondita, progettista europeo

Mentre tutti parlano di emergenza, noi parliamo di integrazione, di analizzare i numeri, di riflettere sulle politiche di integrazione, di ritarare la strategia globale di accoglienza, di non metterla in competizione con le risorse destinate alle persone italiane che soffrono l’assenza di uno stato di welfare sempre più povero. Non metterle in competizione dal punto di vista ideologico: se l’accoglienza è un caposaldo italiano, essa deve essere compiuta in maniera sistematica, per cui l’accoglienza è innanzitutto parola, informazione.

Da nota ministeriale del 2015: “L’Italia ha dato accoglienza attualmente 78 mila immigrati: circa 48mila sono ospiti delle strutture temporanee di accoglienza, circa 20mila nel circuito Sprar e circa 10mila in centri governativi. Siamo impegnati a garantire una più equa ripartizione sulle Regioni, ripartendo gli oneri, su base proporzionale. Siamo convinti che questo contribuirà anche all’integrazione degli stranieri che, avendone titolo, rimarranno in Italia.
Nel 2015 sono stati finora circa 59mila gli arrivi, in linea con in numeri del 2014. Gli immigrati sbarcati in Italia sono in prevalenza eritrei (25%), nigeriani (10%), somali (9%) e siriani (7%)”.

A seguire la nota UNHCR sui numeri parziali del 2016, che indicano arrivi sostanzialmente in linea con il 2015.

Difficile parlare di emergenza, se non piuttosto di fenomeno strutturale. Un correre ai ripari, questo ha richiesto il fenomeno della migrazione massiccia dalle coste, anche nella discussione e nella percezione stessa delle comunità. Parlare di problema è fuorviante se si adopera un linguaggio neutro xenofobo, ovvero un linguaggio che, con la propria ripetizione tautologica, diventa oggettivo, difficile da evitare.

La rubrica Mondo-Italia serve a parlare di un mondo più complesso e sfumato di quello che si pensa. Non arrivano blocchi di umani indistinti, ma migliaia di individui con storie proprie che cercano dignità. Come si dovrebbe volere la giustizia per i propri connazionali: ma il problema non è semplificabile o noi o loro. La pancia non deve essere riempita da sproloqui. La lezione che dobbiamo apprendere da Di Mauro è che le parole sono importanti, ma arrivare al cuore della gente non vuol dire assecondare gli istinti primi, quanto discutere ed illuminare, coraggiosi di essere umani.