NordItalia MultiEtnica
rubrica settimanale
a cura di Federica Ruggia
Nello scorso articolo descrivevo i segni che contraddistinguono la multiculturalità, oggi voglio analizzarne soprattutto uno, il logos. Lingua, idioma, logos, il comunicare e il parlare è la nostra sostanza. Senza parlare una lingua non potremmo comunicare tra di noi e senza i nostri mezzi di comunicazione non potremo sopravvivere lontani dalle nostre case.
Il nostro italiano, già differente da nord a sud, diventa mezzo di multiculturalismo nel momento in cui riesce a far comunicare persone madrelingua differenti, dal bambara allo spagnolo. Eppure lavorando ultimamente in un centro di accoglienza mi accorgo che l’italiano non viene utilizzato per unire i differenti gruppi presenti, che parlano lingue assolutamente distanti, come i chilometri che separano i rispettivi Paesi, andiamo dall’Afghanistan alla Sierra Leone, eppure stenta a diventare lingua che unisce e che fa comprendere. C’è voglia di impararlo, ma per andare via, fuori, conoscere altro, quante culture potrebbero scoprire se si sintonizzassero sullo stessa lingua. Qualche giorno fa mi trovavo in un negozio di telefonia e mentre aspettavo il mio turno, la fila si componeva sempre di più di persone con origini differenti, con vari problemi a comunicare con il proprio cellulare. Con il commesso parlavano ovviamente in italiano e poi qualche secondo dopo parlavano con i propri connazionali, vicini o lontani, questo non saprei dirlo, nella lingua di origine. Cosa faremmo se non riuscissimo a comunicare con casa. Ascoltare suoni familiari è un po’ come tele trasportarsi, solo che è per pochi minuti. Bella la sensazione di trovarsi in un posto lontano e all’improvviso ascoltare due persone che parlano nella tua lingua oppure una canzone, all’inizio non presti attenzione poi dopo qualche secondo si attiva qualcosa e ti dici cavolo ma è nella mia lingua.
Eppure molto spesso mi confronto con persone che pur avendo vissuto per anni in Italia, abbiano imparato male l’italiano oppure non lo parlano affatto. Questa cosa mi sorprende sempre, come è possibile che persone che vivano in un posto per tanti anni, non ne conoscano l’idioma. E’ un po’ come non viverci, oppure essere davvero disinteressati per quello che ci gira intorno.
Di chi è la responsabilità per questa mancanza? Un po’, se non in gran parte è sicuramente nostra, degli italiani, possibile che non riusciamo a trasmettere il piacere di parlare l’italiano? Imparare una lingua è comprendere la forma mentis di quel popolo, capirne l’ironia, i dibattiti, stringere legami, amicizie, apprezzarne la musica, non solo quella commerciale ma quella che ha fatto storia.
Per ora gli unici esperimenti di insegnamento ben riusciti sono stati quelli dettati dagli amori multiculturali. Come si suol dire l’amore smuove montagne.