Aldo, Omar e il Caporalato

di Francesco Pisa ( laureando in Economia – Roma ).

Fin da piccolo, in estate, Aldo trascorreva le sue vacanze in Puglia. Era sempre stato così sin dal giorno della sua nascita e sinceramente non gli dispiaceva. Poteva fare moltissime attività che a Roma non avrebbe potuto neanche immaginare: svegliarsi tardi, mangiare la pasta fatta in casa e persino fare a meno della televisione per due settimane, cosa impensabile per lui.

Ogni giorno però, dentro la sua testa, emergeva un’immagine strana, che solo dopo molto tempo capì. Durante il viaggio Aldo doveva attraversare gran parte della Puglia per arrivare a Lecce: ogni panorama, ogni cittadina, ogni campo colpiva la sua attenzione e immaginava di come sarebbe potuta essere la sua vita se fosse nato in quei luoghi. Oltre a questo, non poteva fare a meno di notare le distese di campi di pomodori, erano da sempre uno dei suoi cibi preferiti. Li osservava mettendo a fuoco ogni singolo particolare: la struttura del campo, la grandezza, la presenza o meno di trattori; si chiedeva perché i lavoratori fossero sempre tutti scuri, probabilmente doveva essere l’effetto del sole: anche su di lui faceva un effetto simile.

Aldo cresceva, ma quell’immagine non andava via dalla sua testa, lo rendeva inquieto e lo costringeva a pensare al campo di pomodori e a quei contadini. Allora si attivò, inizialmente facendo delle ricerche su quei campi.

Un giorno decise di incontrarsi con un contadino: Omar era un maliano sulla trentina, arrivò con una vecchia bicicletta, tenuta benissimo come se fosse l’unica cosa di valore in questo mondo, fisico atletico abituato alla fatica, i suoi occhi erano malinconici ma il suo sguardo lasciava trasparire una felicità nascosta per quell’incontro. Le sue mani erano ruvide, callose, rovinate; quando Aldo lo salutò sembrava che quelle non avessero percepito il tocco della sua mano. Si sedettero su un muretto a Piazza Sant’Oronzo, una delle piazze più importanti di Lecce, e Omar raccontò la sua storia.

Era nato in una piccola città del Mali, a 200 chilometri dalla capitale. All’età di 10 anni, finite le scuole, aveva iniziato a lavorare con il padre come riparatore di biciclette. Ogni giorno si svegliava all’alba e andava in cerca di qualche cliente. Facendo una battuta, disse che aveva girato tutto il Mali in bicicletta. All’età di 20 anni decise che il suo lavoro da riparatore di biciclette non faceva per lui: voleva andare in Europa, molti dei suoi amici erano partiti, alcuni si erano stabiliti in Francia, alcuni non si sapeva più che fine avessero fatto, altri erano tornati cambiati e a stento riuscivano a raccontare del loro viaggio. Tutto questo a Omar non importava: voleva raggiungere il suo sogno, avrebbe fatto qualsiasi cosa. Si accordò con un trafficante locale, pagò una parte del totale, l’altra l’avrebbe pagata la sua famiglia quando sarebbe giunto in Europa.  Nel giro di una settimana gli vennero consegnati un biglietto aereo e un permesso di soggiorno per 3 mesi. Arrivato in Italia, venne accolto da un uomo di mezza età che a stento riusciva a mettere due parole insieme in francese, sebbene ci provasse. Alla fine ad Omar non importava, il suo sogno si stava avverando, in 6 ore sarebbe arrivato in Puglia, ce l’aveva fatta, finalmente era in Europa. Arrivò in un paese di provincia, la sua palazzina si trovava in mezzo al nulla ed era molto vicino a dei campi di pomodori. Non era solo in quel palazzo, erano ammassate decine e decine di persone, la puzza era insopportabile e Omar non riusciva a trovare nemmeno un po’ d’acqua. Gli venne assegnato un letto, quella sarebbe stata la sua camera, il giorno seguente sarebbe andato a lavorare nei campi. Omar non dormì quella notte, alla fine, come avrebbe potuto? Il viaggio, le aspettative, il sogno europeo sembrava tutto dissolto. La mattina seguente Omar andò a lavorare, subito gli fu fatto presente che la sua paga (di 25 euro al giorno per 12 ore) sarebbe andata a ripagare le spese del viaggio e se Omar avesse rifiutato, tutta la sua famiglia e la sua comunità ne avrebbero subito le conseguenze.

Aldo chiese perché mai dopo così tanti anni Omar non fosse più tornato in Mali, Omar rispose che provava vergogna nei confronti di suo padre che lo aveva avvertito delle insidie del viaggio, di suo madre, dei suoi fratelli e sorelle. Si sentiva un’egoista, il suo sogno aveva messo in pericolo tutte le persone che aveva care al mondo.

Aldo e Omar sono personaggi di finzione, ma possono mettere in luce quel fenomeno chiamato Caporalato. Là dove gli stranieri impiegati nella raccolta intensiva di pomodori sono 9 su 10, dove non ci sono contratti di lavoro regolari, dove si vive in condizioni medico-sanitarie al limite dell’umanità, dove gente come Omar lavora 12 ore per 25 euro a giornata lavorativa, dove dalla paga vengono sottratte le spese di traporto e/o le spese extra (come ad esempio una bottiglia d’acqua in più).

Oltre 100.000 mila persone, secondo Fieragricola, soffrono di un disagio abitativo e ambientale. Il 72% presenta malattie che prima dell’inizio della stagione lavorativa non si erano manifestate; il 64% non ha accesso all’acqua corrente; il 62% dei lavoratori stranieri impegnati nelle stagionalità agricole non ha accesso ai servizi igienici. Secondo una ricerca di Assosomm del Febbraio 2017, il fenomeno è maggiormente diffuso nel Mezzogiorno, ma è in aumento anche nel Nord e nel Centro del Paese. I distretti agricoli in cui si pratica il caporalato sono 80. Di questi, in 33 sono state riscontrate condizioni di lavoro “indecenti” e in 22 “di grave sfruttamento.

Infine il Caporalato alimenta anche le organizzazioni criminali, che riescono ad infiltrarsi in queste realtà di estrema povertà. Prive di ogni scrupolo morale, pronte a tutto per un profitto, sfruttano Donne e Uomini che sono usati come mezzi, perdendo definitivamente tutta la loro umanità.

 

 

 

 

 

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