Giovani, Stranieri, Studenti e il lavoro a Torino

di Francesco Pisa.

Torino è la città più importante del Piemonte, conosciuta per il suo Palazzo Reale, per Palazzo Carignano, dove si svolgevamo le sedute del primo parlamento italiano, per i suoi viali ottocenteschi, infine di uno dei musei più belli del mondo: quello egizio, noto oggi più per fatti di cronaca che per le bellezze che custodisce. E’ la Città che più di tutte ha disegnato e inciso sul destino del nostro paese nel bene e nel male.

A Torino vivono 133.552 cittadini stranieri su un totale di quasi 900.000 mila abitanti (dati Istat 2016) , quasi un 15% sul totale. Le etnie più presenti sul territorio sono quella rumena, marocchina e peruviana, albanese, cinese e camerunense. Molti dei ragazzi di queste di queste comunità decidono di proseguire i loro studi universitari proprio in questa città, iscrivendosi, in gran parte al Politecnico di Torino o all’Università pubblica di Torino. Secondo la ricerca della Camera di Commercio di Torino e del FIERI (forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione) in collaborazione con l’Osservatorio Regionale per l’Università e per il Diritto allo studio universitario, il 36% degli studenti stranieri è di nazionalità albanese, rumena e cinese.

Ma quali corsi universitari frequentano questi ragazzi ?

Lo studio suddivide la popolazione di studenti stranieri in base agli iscritti nelle facoltà medico-infermieristiche, linguistiche, economico-statistiche, ingegneristiche, politico-sociali. Le nazionalità più rappresentate nelle facoltà mediche sono quella camerunense, quella albanese e quella rumena. Nella facoltà d’ingegneria, spiccano, invece, gli studenti cinesi. Nelle discipline economico-statistiche, ancora una volta, è molto presente la componente camerunense rumena ed albanese. La condizione occupazionale dei laureati internazionali e dei laureati italiani è molto simile, ciò che differisce è il Paese dove lavorano: uno studente internazionale su tre lavora all’estero mentre la quasi totalità degli italiani lavora in Italia.

Ma come mai questi ragazzi e ragazze non rimangono a lavorare in Italia?

Dalla ricerca emergono in particolare tre tipi di ostacoli che sembrano precludere progetti di stabilizzazione di questi studenti in Italia e che riguardano soprattutto le opportunità di ingresso e integrazione nel mercato del lavoro. Un altro aspetto che preoccupa gli studenti stranieri che si apprestano a terminare gli studi e che in alcuni casi hanno già sperimentato un primo inserimento occupazionale è la possibilità di trovare un lavoro vicino alla propria area di studio e che corrisponda al livello del titolo conseguito.

A ciò va aggiunta la constatazione che il mercato occupazionale offre agli stranieri già presenti in Italia in prevalenza posti di lavoro a bassa qualifica. Oltre tre quarti dei lavoratori stranieri sono inseriti in posizioni non qualificate e operaie (76,4%) e nel 42,3% dei casi gli stranieri hanno un grado di istruzione e di formazione superiore a quanto richiesto dalla mansione svolta e percepiscono retribuzioni inferiori di quasi un quarto rispetto agli italiani (-24%) (Istat, 2010). Inoltre se il fenomeno della troppa qualifica riguarda anche gli occupati italiani soprattutto nella fase di entrata nel mondo del lavoro, per gli stranieri il fenomeno tende poi a continuare nel tempo, infatti i lavoratori sovra qualificati rimane pressoché lo stesso per tutte le classi di età e al crescere dell’anzianità lavorativa (Della Ratta Rinaldi, Pintaldi, 2009).

Il secondo ostacolo è di ordine giuridico e riguarda la normativa sulla gestione dei flussi migratori e la sua implementazione. Per gli studenti internazionali non europei non è facile ottenere l’autorizzazione a prolungare il soggiorno per ricercare un posto di lavoro o avviare un’attività autonoma. Inoltre una volta trovato un lavoro, si deve poi procedere alla conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in titolo per motivi di lavoro, aumentando ed estendendo l’iter burocratico.

La terza ed ultima barriera consiste nella presenza di alcuni ostacoli specifici all’integrazione dei giovani immigrati high-skilled in ambito lavorativo. In particolare, nello studio, alcuni studenti di Medicina raccontano di aver riscontrato resistenze e di essere stati vittime di discriminazione e pregiudizi nel corso di tirocini curricolari, così come nel reperimento di lavoro in contesti extra-curricolari.

Uno di loro in un’intervista: “Ora sto cercando un lavoro. Prima facevo volontariato nella Croce Verde di Rivoli. Ho mandato il cv alla Croce Rossa e Croce Verde di Rivoli, di Torino, di Grugliasco e di Orbassano. Ma nessuno mi ha preso. Dipende da come ti guardano appena ti vedono. Spesso ti vedono come uno spacciatore o come uno che non ha soldi non ti vedono come uno che può pensare, ragionare, che può riflettere e scrivere anche qualcosa. Non tutte le volte ti accettano.” (studente camerunese, Medicina e Chirurgia, 5° anno, Università degli studi di Torino.)

Questa è la conclusione che vorrei evidenziare in questo articolo: “La percezione di una scarsa inclusione sociale ed economica degli stranieri in Italia fa da deterrente nella scelta di rimanervi per realizzare la propria carriera professionale. Diversi giovani dichiarano infatti di volersi trasferire dopo la laurea in altri Paesi – Francia e Inghilterra in particolar modo – con una storia migratoria più lunga e consolidata e di conseguenza considerati più aperti nei confronti degli immigrati e capaci di attrarre e integrare stranieri qualificati dall’estero”.

E questa credo sia la risposta alle mie domande iniziali.

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