Imparare a leggere in Europa

di Giovanna Pandolfelli.

Compresa tra i 5 e i 7 anni, la scolarizzazione primaria in Europa presenta interessanti spunti di riflessione. La frequenza della Scuola Materna è obbligatoria solo in Ungheria, Lettonia e Lussemburgo dai 4 anni, in tutti gli altri Paesi è facoltativa.

Ma come imparano a leggere e a scrivere i bambini in Europa?

I Paesi europei sono tutti consapevoli dell’importanza di acquisire competenze adeguate nella lettura per garantire un successo per il futuro, sia in ambito scolastico che professionale e sociale. Riuscire ad imparare a leggere in maniera scorrevole e a capirne il contenuto è la base per lo sviluppo di nuove competenze in vari campi.

Tutto parte dalla consapevolezza fonologica, ovvero quella capacità di riconoscere e usare i suoni delle parole. Sembra che insegnare ad individuare i suoni che compongono le parole già in età precoce possa favorire lo sviluppo, specie nei bambini con difficoltà di lettura.

Dalla consapevolezza fonologica si passa alla vera e propria fonetica, cioè imparare a riconoscere la corrispondenza tra lettera scritta e suono.  Qui cominciano ad emergere le differenze tra un Paese e l’altro, o meglio tra una lingua e l’altra.  Per alcune lingue, infatti, focalizzare sulla corrispondenza lettera-suono è più rilevante che per altre e ciò dipende dall’ortografia della lingua stessa. Abbiamo tutti notato come alcuni idiomi si leggano come si scrivono e l’italiano è uno di questi. Conoscendo alcune regole base, ad esempio il suono della ‘c’ e della ‘g’ davanti a vocale (ca, ce …) saremo in grado di leggere qualsiasi parola, anche sconosciuta. Lingue come l’italiano si dicono ad ortografia trasparente. All’italiano, si aggiungono lo spagnolo, il finlandese, il greco, l’ungherese, il serbocroato. Il francese e il tedesco si trovano in una posizione intermedia, mentre risulta controversa la posizione dell’olandese che l’Associazione Italiana Dislessia inserisce tra le lingue opache mentre l’English Spelling Society la definisce “piuttosto trasparente, se messa a confronto con altre lingue”. Interessante quindi notare che anche il grado di trasparenza di un’ortografia possa, entro certi limiti, essere relativa, a seconda del punto di vista. Un’ortografia opaca implica che ad una lettera non corrisponda sempre lo stesso suono, quindi si scrive in un modo e si legge in un altro senza regolarità. Si può intuire che l’inglese, tra le lingue europee, si trovi all’estremità di questa linea immaginaria.

Tutto ciò ha effetti importanti sullo sviluppo della lettura. Innanzitutto, il tempo impiegato dagli alunni per ottenere una lettura fluida, in quanto per le lingue opache sembra che questo si raddoppi.  Tempi più lunghi dunque, ma anche metodi diversi; infatti, se in italiano si insiste sulle sillabe, sui gruppi di lettere (che, ghe, gli, gn, sc), per una lingua opaca si sarà costretti ad imparare lunghi elenchi di parole contenenti lettere che solo in quel caso si leggono con lo stesso suono, cioè solo in quelle determinate parole. Lo sforzo degli alunni anglofoni sarà quindi piuttosto quello di ricordare la parola e, incontrandone una nuova, di cercare di ricondurla ad una già studiata.

Anche lo studio del funzionamento cerebrale ci conferma tali differenze di metodo: infatti la neuro-immagine ha potuto evidenziare che nella lettura l’area del cervello interessata nei bambini italiani è quella preposta all’elaborazione dei suoni, mentre l’area interessata nei bambini inglesi è quella preposta al recupero di informazioni dalla memoria.

Alla luce di tutto ciò si può intuire che per un bambino bilingue apprendere a leggere in due lingue sia non solo una ricchezza in sé, ma anche un sostegno. Conoscendo infatti il funzionamento delle corrispondenze, lo potrà applicare con facilità anche ad altre lingue. Più le ortografie saranno simili più sarà agevole questo trasferimento di competenze.

Altri fattori poi influenzano la lettura, e la scrittura, quali la corretta pronuncia orale e il vocabolario ad esempio. Se un bambino ha una buona pronuncia sarà portato a leggere correttamente, con una corretta musicalità della lingua e farà meno errori nella scrittura, specie per quelle lettere che richiedono un ‘buon orecchio’ come le doppie in italiano, ad esempio (diverso da casi come la h davanti al verbo avere per cui bisogna invece ricorrere ad altre conoscenze). Possedere un buon vocabolario invece ci aiuta a comprendere meglio un testo.

Per i bambini bilingui va fatta una considerazione: sebbene si siano notati tanti vantaggi di tipo cognitivo e metalinguistico nel conoscere due lingue, è anche emerso che i bambini bilingui tendono ad avere un vocabolario più ristretto rispetto ai coetanei monolingui. Questo probabilmente perché conoscono alcune parole in una lingua e altre nell’altra e non sempre sanno la traduzione corrispondente. Tuttavia, sembra che il numero di concetti conosciuti sia comparabile ai coetanei monolingui.

Dal 2000 ad oggi molti Paesi europei hanno adottato riforme direttamente riguardanti l’insegnamento della lettura nelle scuole. In particolare, si sono concentrati sul prolungamento del tempo di insegnamento della lettura (Spagna e Ungheria); sulla lettura come obiettivo transdisciplinare (Belgio – comunità di lingua tedesca, Danimarca, Spagna, Francia, Austria, Regno Unito -Irlanda del Nord, Galles e Scozia- e Norvegia); sulla lettura a livello di scuola materna (Danimarca, Italia, Austria, Portogallo e Inghilterra); nonché sui metodi di insegnamento: correlazione tra lettura e scrittura e approfondimento della fonetica (Francia, Austria, Inghilterra e Norvegia) [dati Eurydice 2011].

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