Vento da Sud Est

di Carla Romana Antolini.

 

Come Pasolini ci ha insegnato che non si può entrare nei ghetti e nelle borgate da spettatori, ma con tutti se stessi, condividendo l’esperienza della rabbia e del dolore, in Ragazzi di vita come in Una Vita Violenta, Simone Corso e Angelo Campolo (anche regista) in questo Vento da sud est ( in scena in questi giorni al Teatro India di Roma ) propongono un incontro che spesso si cerca di evitare tappandosi occhi e orecchie, un incontro dove il teatro mette in mostra la costante trasformazione del pensiero e del vissuto contemporaneo all’interno di una società che troppo superficialmente rende sinonimi le parole multiculturalità e conflitto.

Qui, traendo spunto dal Teorema di Pasolini lo straniero che bussa alla porta per stravolgere la vita della famiglia borghese di oggi, porta con sé un umanità da tutelare. Non è bello, biondo e provocante come lo straniero del romanzo pasoliniano, ma ha il volto di quattro giovani maliani che ben sanno rimandare ferite, dolore ma anche la profonda vitalità che può regalarti lo scontro con la vita.

Nasce in Sicilia questo progetto di spettacolo, da Messina, con un cast formato da attori italiani e da giovani migranti, una produzione DAF – Teatro dell’Esatta Fantasia e dal progetto di integrazione culturale Nostra Signora Libertà in collaborazione con Caritas Messina/Caritas nazionale.

La famiglia cena, preghiere, droghe e medicine, non vuole sentire chi bussa alla porta, si chiude le orecchie per non aprire quella porta dell’elegante casa che immaginiamo oltre lo steccato bianco. La favola di Mary Poppins diviene rifugio di questa famiglia sgangherata ma apparentemente molto rispettabile. Le canzoni sono il gioco per mantenere la distanza. Molto bella l’interpretazione e la voce di Patrizia Ajello.

Arrivano i due poliziotti (con maglietta nera e faccia logo di Pasolini) che diventano i messaggeri del racconto, quelli che fanno miriadi di domande alla famiglia e baciano la mano alla nuova governate, quella con tanta pazienza e capacità di ascolto, che verrà chiamata per aiutare la mamma nelle complicate relazioni familiari. E mentre gli attori africani invocano Pasolini, lo cercano tra il pubblico, gli italiani ridono forte quando la governante racconta barzellette cariche di razzismo e di violenza post coloniale.

“Hastag una bella storia” dice uno dei ragazzi africani. Ed è proprio una bella storia che ci tiene in bilico tra l’ironia e il dolore, tra la poesia e i luoghi comuni. E se si difende con diversi segni della croce la mamma (ben interpretata da Patrizia Ajello) non sembra sentirsi a suo agio nelle parole di Papa Francesco, rimandate dai messaggeri.

C’è un vento che spira da Sud Est che vuole scuotere le coscienze e propone autenticità e umanità, ci sono quattro uomini e una donna africani che quando lasciano la casa non sono passati affatto inosservati ed hanno sicuramente scalfito un po’ quell’indifferenza dove è facile nascondersi. Il papà non riesce più ad essere indifferente, forse è cambiato il vento e alla partenza degli stranieri, cercherà quel deserto che hanno attraversato i nostri attori ritrovandosi sabbia nei piedi.

#unabellastoria contro l’indifferenza, ironica e poetica.

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